GIULIANA MUSSO PORTA IN SCENA “MIO EROE” AL CINEMA TEATRO ASTRA DI SAN GIOVANNI LUPATOTO

Eroe e morte dell’eroe: esserlo presuppone quasi sempre il sacrificio della propria vita, per la patria, per un re, per una promessa. La Storia e il Mito lo insegnano. Spesso ai bambini viene insegnato il gioco dell’eroe, colui che combatte con spade e mitra e alla fine ha la meglio sul cattivo, sconfiggendo il male assoluto. Ma esiste, in contrapposizione, il bene assoluto, con un eroe che ha sempre la fisionomia del guerriero? Questa รจ una delle riflessioni che una delle madri, interpretate dalla sempre straordinaria Giuliana Musso, pone al pubblico del Teatro Astra di San Giovanni Lupatoto (Verona) che, il 15 marzo, ha ospitato nuovamente l’amata attrice vicentina.
“Mio eroe” รจ un monologo del 2016, alla cui elegante regia della stessa Musso ha contribuito altro acclamato nome, il regista Alberto Rizzi. Si ispira alle biografie di alcuni tra i 53 militari italiani caduti in Afghanistan durante la missione ISAF, contro i Talebani e al-Qaida. La guerra decisa dagli Stati ingaggia giovani ragazzi che desiderano unicamente e con coraggio portare speranza e salvezza in paesi dimenticati da Dio. E proprio Dio e la religione sono gli unici appigli e bersagli su cui le madri dei militari possono lanciare rabbia e disperazione.
Giuliana Musso entra sul palco in punta di piedi, come solo lei sa fare, e la sua persona e la sua anima divengono altre, atte a raccontare vite dolorose, quelle di chi rimane in attesa, a casa, nell’affannosa e costante ricerca di informazioni quotidiane sui propri figli in missione. Una madre non puรฒ sopravvivere alla morte di un figlio, รจ un fatto innaturale e per quanto ci si possa ripiegare nel destino o nel karma, si finirร per passare il resto della vita a ricordare il proprio figlio bambino e poi uomo, partito per combattere e ritornato in una bara avvolta nel tricolore. Le madri sono incorniciate dai fiori del cimitero, hanno ricordi e un dolore che non si puรฒ cancellare, forse si puรฒ trasformare in altro ma l’incomprensione della stessa guerra lascia forte smarrimento. La prima madre, con una dignitร che ricorda la forza della Pietร del Michelangelo, giace ferma e ancora incredula. Non รจ riuscita a piangere per anni, ma “se non piangi non capisci quello che ti capita”. L’uccisione del proprio figlio porta una nuova consapevolezza e ci si interroga sulle reali colpe: quando un ragazzo viene ucciso e dall’altra parte c’รจ un altro ragazzo, con un’altra madre che patisce nello stesso modo e poi, magari, anche lui stesso viene ammazzato dai nostri, di chi รจ la colpa? Sono giovani che sparano contro altri giovani, cambiano i fronti ma le retrovie sono le medesime. Si possono incolpare gli Stati che li hanno armati? Oppure le famiglie stesse potevano fare opera di resistenza affinchรฉ i propri figli non si arruolassero? Le risposte arrivano in parte dalla seconda madre in scena. Giuliana Musso rientra e presenta un’altra donna, emiliana, che appare piรน folcloristica e combattiva, che incolpa Gesรน Cristo ma che non ce l’ha con lo Stato: perchรฉ “lo Stato siamo noi”. Anche la cosiddetta gente comune ha riflettuto sulle tante e tante parole spese per fare propaganda dopo gli attentati terroristici delle Torri gemelle, nel 2001, che causarono quasi tremila morti, la cui conseguenza fu la dichiarazione di una fantomatica guerra al terrorismo e l’invasione dell’Afghanistan, per rovesciare il governo talebano. La gente รจ stata portata ad avere paura e i governi hanno preso decisioni che col senno di poi sono rimaste senza fondamento, pura strategia economica e politica. I morti delle guerre sono sempre uomini che eseguono ordini e sentono la responsabilitร di essere salvatori di popoli dimenticati. La terza e ultima madre, insegnante, con alle spalle una famiglia in carriera militare, ha sempre sperato che il figlio seguisse la musica che tanto amava ma anche il suo eroe decide di partire per combattere la guerra dei potenti. La guerra, afferma la donna, non รจ un fatto naturale, รจ cultura, รจ una scelta. Questi giovani hanno scelto di andare a combattere perchรฉ si sono sentiti chiamati, l’archetipo dell’eroe guerriero che non puรฒ arrendersi, ma deve poter essere utile e piรน forte di ogni nemico.
L’attrice entra nel cuore delle madri che hanno perso i loro figli e che trovano conforto solo in altre madri segnate dalla stessa sofferenza: si riconoscono, non hanno piรน pace. La commozione รจ palpabile ma ha quella discrezione che conosce solo chi รจ costretto a convivere ogni giorno con lo stesso indiscutibile dolore. La morte di un figlio spezza qualcosa dentro, strappa l’alito della vita, congela il proprio esistere, fa scomparire il futuro. Ogni guerra รจ palesemente sbagliata e su ogni fronte c’รจ qualcuno che combatte credendo di essere la parte giusta, che porterร pace e progresso. Le famiglie che sono a casa piangono per tutti i morti, per tutte quelle foto che appaiono come prima notizia, comprendono nel profondo quell’attesa nell’incertezza di non sapere cosa stia succedendo in un conflitto a migliaia di chilometri.
A Giuliana Musso non puoi non credere: รจ un’attrice vera, porta storie di cui si fa carico e responsabilitร , le attraversa, le respira, se ne nutre e poi le esterna. ร recitazione impeccabile, certo, ma non solo. C’รจ un senso di dovere, una morale altissima che la costringe a farsi tramite di chi ancora una volta non ha voce. Questa รจ la missione pacifista del teatro civile di Giuliana Musso, giร creatrice di spettacoli come Nati in casa, Tanti saluti, Sexmachine e La fabbrica dei preti.
Mio eroe รจ vincitore del Premio Cassino OFF 2017 e del Premio Hystrio alla Drammaturgia 2017.
Silvia Paganini