L’opera concerto di Musella restituisce il grido dissidente di Pasolini
Una calorosa accoglienza di pubblico ha segnato l’attesissimo ritorno al Teatro Vascello dell’attore napoletano Lino Musella, che dal 28 al 30 novembre ha reso omaggio con un’originale opera concerto a uno tra i maggiori poeti del Novecento: Pier Paolo Pasolini.
“Come un animale senza nome”, la cui drammaturgia è firmata da Igor Esposito, restituisce lo sguardo visionario del poeta nato a Casarsa in un corpus fatto di confessioni intime, ricordi d’infanzia, di attacchi al fascismo e all’edonismo consumistico che incatena le coscienze, omologandole. A puntellare la tessitura ritmica del lavoro sono intervenute le sonorità eseguite dal vivo dal maestro Luca Canciello che hanno scandito e impreziosito la dinamica del reading, un viaggio ardito tra impennate e discese della voce in cui Musella ha dato grande prova del mestiere d’attore. Ma è stata anche una lettura prismatica quella portata in scena, che ha considerato le diverse facce dell’opera di Pasolini, dai toni più lirici nella sua Supplica a mia madre, versi di struggente grazia e d’impareggiabile bellezza dedicati alla cara madre Susanna, a quelli più lapidari di Io so che aprono il romanzo delle stragi, in cui l’autore di Mamma Roma denuncia sprezzante un’intera classe politica, affermando di conoscere i responsabili delle stragi di Milano, di Bologna e di Brescia che hanno insanguinato il Paese.
Pasolini ha visto al tempo stesso ciò che era visibile al resto isolatamente, una sorta di sguardo onnisciente che gli ha consentito di analizzare la realtà su più fronti, in mezzo alle contestazioni, negli scontri di piazza durante gli anni di piombo, nelle borgate di periferia, ultimi luoghi di poesia fuori del mondo, segnati dalla miseria e dalla fragilità ma tenuti ancora in vita dall’incontaminata “fontana di un rustico amor”. Questa capacità di lettura d’insieme aveva portato Pasolini scrittore e intellettuale a prevedere, già durante gli anni Settanta, la minaccia di una speculazione selvaggia da parte della neonata società dei consumi che oggi più che mai violenta il paesaggio e la memoria. Il suo rifiuto, gesto essenziale che accomuna santi, eremiti, intellettuali, si è riversato con fiumi d’inchiostro nelle pagine di autentici capolavori, dai romanzi, fra i tanti, Una vita violenta, Petrolio, alle opere cinematografiche di cui il testamento spirituale Salò o le 120 giornate di Sodoma denuncia, attraverso una coreografia onirica nazifascista, l’anarchia arbitraria e folle del Potere.
L’opera concerto di Lino Musella riconsidera il Pasolini che sceglie di raccontare e di prendere parte in prima linea, che osserva amaramente come il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica siano due cose inconciliabili in Italia, il Pasolini perseguitato e non creduto da un mondo che ai poveri toglie il pane e ai poeti la pace.
Diana Morea