MARCO PAOLINI TORNA AL PICCOLO TEATRO DI MILANO CON “NEL TEMPO DEGLI DEI – IL CALZOLAIO DI ULISSE”
Marco Paolini e Francesco Niccolini sono gli autori del testo dello spettacolo “Nel tempo degli dei/il calzolaio di Ulisse” in scena al Piccolo Teatro di Milano dal 14 Marzo al 18 Aprile. La regia di Gabriele Vacis guida sul palco lo stesso Marco Paolini, nei panni del calzolaio di Ulisse, sostenuto da un coro formato da Saba Anglana, Elisabetta Bosio, Vittorio Cerroni, Lorenzo Monguzzi ed Elia Tapognani. La produzione è del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa in collaborazione con Jolefilm.
Il calzolaio-Paolini è Ulisse stesso, che racconta la storia attraverso i dialoghi con il coro dal quale si staccano a turno i personaggi con cui il protagonista si relaziona. In particolare, il giovanissimo Vittorio Cerroni, classe 2002, interpreta il ruolo di un pastore, qui un ragazzino in abiti moderni che vuole sentire una storia avvincente, non sopporta i momenti di noia. Ecco una delle più evidenti contaminazioni di questo testo, intriso di riferimenti alla modernità, dagli abiti e l’atteggiamento del ragazzino-pastore, ai dialetti con i quali le vicende degli dei vengono raccontate come se fossero storie dell’Alto Adige o del Veneto, allo sbarco di Ulisse a Pozzallo dopo 20 giorni in mare in balìa delle onde. E così viene da chiedersi: chi sono gli dei, oggi? Bisogna pensare che gli dei nella mitologia greca, come Zeus ed Atena, erano personaggi che intervenivano concretamente a segnare il decorso della storia, decidendo in base ai propri umori a chi fare doni, contro chi scagliarsi, dove e come dovevano stare gli umani.
Chi è Ulisse, che decide di vivere l’esperienza umana fino in fondo? La sua scelta comporta lunghe sofferenze non solo per lui, che affronta venti anni lontano da casa, segnati da guerre, perdite e disavventure, ma anche per i suoi cari, la moglie Penelope e il figlio Telemaco, lasciato solo quando è ancora in fasce. Ulisse torna, compie il suo destino uccidendo i Proci, ma poi si scaglia anche sulle ancelle, ree ai suoi occhi per essersi concesse ai Proci. Dopo la strage, Ulisse si presenta davanti alla moglie Penelope: è il momento del dialogo più straziante di tutta l’opera; Penelope non lo riconosce, non può credere che l’uomo che amava è lo stesso che si è macchiato di sangue sotto i suoi occhi mostrando una ferocia inaudita. Ulisse è reduce da 20 anni di crudeltà, è arrivato a uccidere uno dei suoi stessi compagni per evitare che questi facesse fallire il piano del cavallo di Troia e, tornato a Itaca, sembra aver cambiato per sempre la sua concezione di bene e male. Non prova piacere a uccidere i Proci, ma è un male necessario ed è solo con un’azione eclatante che sente di poter attirare l’attenzione degli dei.
Il ritmo di questo racconto è scandito dalla musica che fa da co-protagonista: le chitarre e il basso elettrico in scena danno vita ad un misto di echi greci e sonorità contemporanee che contribuiscono a intrecciare l’Odissea omerica con l’intera storia umana.
Giulia Acconcia