“PFF PIANO FORTE FORTE – TRISONATA PER CORPO FEMMINILE E PIANOFORTE” AL MODUS VERONA
Ci sono spettacoli che risultano difficili da recensire, tanta è la complessità e la carica emotiva che fanno esplodere sul pubblico impotente: difficile perché le parole non bastano per raccontare quasi due ore di vita intensa accaduta sul palcoscenico del Modus di Verona. L’attrice Valentina Cidda non lascia scampo, prende in pugno gli spettatori e li trascina dagli albori della vita con una risata che echeggia nel buio, presentando l’unico suo compagno di scena, il pianoforte. La voce fuori campo annuncia la nascita di una bambina “nata con la camicia” e dalla posizione fetale si origina una storia narrata e sofferta plasticamente con il corpo, con la voce, con la musica, con le tenebre e la luce. Non ci si può distrarre, gli occhi dell’attrice sono implacabili, raccontano le sofferenze di una bambina che ha un padre assente, una madre assillante e sbagliata, uno zio che la violenta. Ma c’è il pianoforte, simulacro di ambiente, suonato con i piedi e con le mani dalla stessa Cidda, per raccontare ciò che le parole non possono. Lo strumento si fonde con la messa in scena, è la colonna sonora ma è anche l’anima e l’amore e la violenza. La scenografia è solo nero con il pianoforte nero (e bianco) e l’attrice vestita di bianco. Due poli che dividono e concentrano un intero universo in un piccolo spazio.
La seconda sonata apre la chiave ironica con la Vita da signorina e nuovamente l’interprete dimostra grande sapienza, brillante nel mostrare l’ironia degli stereotipi femminili e crudele verso se stessa nell’accettare nuovi mostri. C’è un limite di sopportazione del pubblico e qui viene quasi raggiunto, si giunge in precario equilibrio sulla resistenza, a osservare disfacimento e dolore e poi si può ancora respirare per poco.
La regia e la scrittura di Valentino Infuso sono semplicemente straordinarie: il pianoforte è quasi il protagonista assoluto e in esso e con esso, la bambina, la signorina e la donna, trovano rifugio, casa, letto, finestra, separazione, nascondiglio. La luce illumina solo le gambe e solo questo basta per narrare un altro episodio, piccoli accenni, poche parole. E poi si fa all’amore: è stato come essere ovunque. Valentina Cidda è un’eroina che si arrampica a mani nude su montagne scoscese e poi, in una tormenta gelida di neve, ridiscende tra il sangue e il sudore, da quelle stesse montagne: non ha pause, né respiri, con urgenza vive e canta e racconta, con tutto quello che può, con tutto quello che è. Più di così non può dare, è tutto sviscerato. Questo spettacolo va osservato ma soprattutto ascoltato con la profondità del cuore, cercando dentro di sé tutto ciò che si è accantonato, lasciato nell’ombra. C’è la feroce catarsi e si può scegliere se farsi illuminare oppure rimanere chiusi. “Piano Forte Forte” è uno schiaffo, non solo retorico, è purezza ma anche inferno, è rinascita. Cosa può fare una donna che subisce violenza fisica e psicologica, vittima innocente caduta nel più nero degli abissi, senza alcuna speranza? Può dimenticare il proprio corpo, uscire da sé, accettare l’inaccettabile, cancellare la propria identità. E poi arrivano la guarigione e la trasformazione e il No che tante donne dovrebbero imparare a pronunciare. La scelta della verità della propria anima, la svestizione dalle culture, l’abbandono degli archetipi, il ritrovare solo ciò che conta davvero. Valentina Cidda si spoglia della vita che le è stata imposta, si libera e ci libera, dopo un viaggio tormentato e implacabile. La recitazione è ai livelli massimi della perfezione, c’è stato senza dubbio un lavoro estenuante su di sé e sullo spazio, non c’è nulla lasciato a caso, nessun respiro o sguardo o accenno, nessuna ombra che non sia stata studiata e preparata. Trisonata per corpo femminile e pianoforte va annoverato tra gli spettacoli assolutamente da vedere: chi ama il teatro e chi ama la vita deve voler vedere quest’opera, che ti rimane addosso per qualche giorno e chissà, magari vuole proprio liberarti.
Il regista dichiara che la creazione dello spettacolo è divenuta “emersione spudorata del mio femminile profondo. E di questo ringrazio tutte le donne che sono stato nelle vite precedenti. Ogni esperienza raccontata e rivissuta in scena da Valentina, infatti, è stata scritta attraverso la mia Verità, nulla di quello che racconto io in parole e lei in corpo, voce e sudore, è arrivato nelle sue vene senza che sia transitato per le mie”. E questa perfetta unione, al di là dell’essere uomo o donna, è palpabile e transita come una saetta dal palco alla platea.
Silvia Paganini