“Slow Journalism – Chi ha ucciso il giornalismo?” di Daniele Nalbone e Alberto Puliafito
L’impatto di questo libro è devastante: cifre, notizie, opinioni e constatazioni di fatto acciuffano i pensieri dei lettori e li conducono in un mondo di cui facciamo parte (in)consapevolmente.
“Sai cosa accade, in rete, in un minuto? In un minuto su Facebook appaiono 41 mila post, vengono generate 1.8 milioni di interazioni e caricati 350 giga byte di dati. In un minuto su Twitter compaiono 278 mila tweet; vengono effettuate 2 milioni di ricerche su Google; 83mila vendite su Amazon; 11mila ricerche professionali su LinkedIn. In un minuto vengono postate 3.600 fotografie su Instagram. Siamo fagocitati da informazioni in tempo reale. E i media continuano a subire questa pressione, senza nemmeno accorgersi del cambiamento che ha travolto il giornalismo”.
Un saggio che ha punte di giornalismo d’eccellenza: un tipo di giornalismo che si può ammirare, condividere, studiare, praticare. Centro del testo è l’analisi del giornalismo italiano e la sua metamorfosi contemporanea e l’indicazione di una possibile soluzione: l’adozione dello slow journalism. La velocità digitale, il sovraccarico di notizie e di contenuti, l’ardua scelta tra qualità e qualità, la febbre di click stanno conducendo il giornalismo verso un cul-de-sac che ha messo da parte i fruitori più importanti: il pubblico dei lettori. Quel che occorre, allora, è un giornalismo sano, pulito, lento che rispetti e curi i dettagli, le informazioni e la qualità. Lo slow journalism, appunto.
“Slow Journalism-Chi ha ucciso il giornalismo” di Daniele Nalbone e Alberto Puliafito (Fandango Libri, pp. 251, euro 17,50) è un saggio illuminante da leggere, analizzare e da tenere sempre a portata di mano.
Debora Colangelo