“Parlami come la pioggia”: cinque intensi atti unici di Tennessee Williams in scena al Teatro Franco Parenti di Milano
È un dato di fatto affermare che Tennessee Williams (1911 – 1983) sia stato un autore americano del ‘900 di grande rilievo ; ha scritto tantissimo, tra drammaturgie, racconti, sceneggiature, poesie e persino due romanzi. In Italia, tra i testi più famosi e più rappresentati citiamo “Un tram che si chiama desiderio”, “Lo zoo di vetro”, “La Rosa tatuata”, “Improvvisamente l’estate scorsa”, “La gatta sul tetto che scotta”.
Tuttavia, restano ancora inedite nel nostro Paese diverse opere, ed è solo un bene quando un regista decide di andare oltre il conosciuto e di far conoscere altri testi. E proprio su questa strada ha scelto di correre Andrea Piazza, regista classe ’95, che per il suo nuovo spettacolo “Parlami come la pioggia”, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 5 novembre, ha voluto portare in scena cinque brevi atti unici di Williams, di cui quattro completamente inediti in Italia, per la gentile concessione della University of the South, Sewanee, Tennessee.
“Le emozioni sono cose pericolose”
Nella Sala 3 del teatro, quella più piccola e più intima, per la vicinanza ravvicinata tra attori e spettatori e assenza di sipario, la scenografia mette in mostra tantissimi oggetti di diverso genere sparsi sul pavimento: dischi, fotografie, videocassette, libri, peluches, un piccolo albero di Natale, un cavallino a dondolo e molto altro. Il pubblico ha la possibilità di sistemarsi dove vuole sui quattro lati della scena, scegliendo automaticamente anche il punto di vista da cui osserverà gli eventi. A interpretare i diversi personaggi sono Francesco Sferrazza Papa e Valentina Picello, davvero straordinari: con molta fluidità si trasformano, assumendo ad ogni atto attitudini e personalità diverse, e riuscendo allo stesso tempo a restare fedeli a quel fil rouge che palesemente collega ogni storia. Che si tratti di interpretare adulti, anziani, ragazzini, il denominatore comune è uno solo; dapprima si può pensare che sia il dolore, ma non è così. Non solo, almeno. Il dolore è ben presente, così come un fondo di rabbia acuta, e lo si percepisce in ogni dialogo, che spesso e volentieri si trasforma in una lotta crudele, in alcuni casi in una vera e propria guerra che porta distruzione da entrambe le parti. I diversi personaggi riescono a relazionarsi quasi esclusivamente attraverso lo scontro, senza riuscire comunque a comprendersi: l’amore si è dissolto, i sogni si sono infranti e diventati rimpianti, le preghiere sono solo parole al vento. Ma il vero fulcro di tutto è la solitudine: quella radicata nel profondo, che prevarica ogni altro sentimento e ogni presenza e che, se portata all’estremo, conduce ad atti folli e disperati.
La traduzione di Masolino D’Amico ha efficacemente portato in luce la profondità della scrittura di Williams: il ritmo è andante nel primo atto, per poi diventare più incalzante e tumultuoso nei successivi tre, fino al quinto e ultimo atto… quello che dà il titolo allo spettacolo e che lo porta al suo climax poetico ed emotivo.
“Parlami come la pioggia e lascia che io ti ascolti…”
Al termine dello spettacolo, davvero potente e incisivo, la scena si è trasformata, diventando il “Museo delle solitudini raccolte”. Gli spettatori possono così osservare più da vicino i numerosi oggetti, ma anche approfondire i personaggi che i due magnifici attori in scena hanno interpretato.
Da vedere.
Roberta Usardi