“Interrogare la storia” di Philippe Ariè
Studiare la storia, cercando di ricostruire la mentalità del periodo. Scoprire che il significato che oggi attribuiamo ad alcuni termini era completamente diverso in altre epoche. Una visione del mondo che non coincide affatto con la nostra, con il rischio di aver l’illusione di comprendere un’epoca, usando paradigmi del tutto inadeguati. Lo storico Philippe Ariés che, mantenendo la sua autonomia e originalità, si colloca all’interno della tradizione aperta negli anni ‘20 del Novecento da Lucien Febvre e Marc Bloch intorno alla rivista francese “Annales”, si immerge nello studio della mentalità, privilegiando quella che viene definita “storia di lunga durata”, aperta alle scienze sociali, alla psicologia collettiva, per distinguerla dalla storia degli eroi e dai grandi eventi.
Ariés, nei saggi inediti pubblicati nel libro “Interrogare la storia” (Marietti 1820, pp. 112, euro 9), si concentra su due fenomeni emblematici per la comprensione della storia europea: la famiglia e la morte. Ancora oggi siamo soliti parlare di famiglia tradizionale contrapposta alla famiglia moderna. Ma quando nasce la famiglia così come ce la rappresentiamo? Una famiglia basata su legami affettivi che vive in uno spazio privato separato da uno spazio pubblico. E I bambini come venivano considerati? Quando nasce, per usare un’espressione dello stesso storico, il sentimento dell’infanzia? E come cambia l’idea della morte all’interno della stessa visione cristiana? Quando la sorte del singolo passa in primo piano rispetto alla creazione e alla fine del mondo e le tombe perdono l’anonimato per individuare il defunto? A partire dal valore attribuito alla morte come cambia il rapporto dell’uomo con l’aldilà?
Lo storico, attraverso l’analisi di fonti poco utilizzate e di studi effettuati da altri storici come Alberto Tenenti, ci conduce nel mondo affascinante dello studio della mentalità, a dimostrazione che non esistono letture universali dei fenomeni. Sarebbe il caso di abbandonare l’espressione “da che mondo è mondo” quando vogliamo confermare un nostro punto di vista per puro rispetto di quella che riteniamo una tradizione, ma che tradizione non è. Di naturale nel mondo esiste ben poco. L’uomo, nella sua ricerca di dare un ordine e un senso ai fenomeni della vita, costruisce la realtà in base alle circostanze e ai mutamenti sociali. Ed è la rappresentazione che l’uomo ha della realtà la prima cosa da comprendere se vogliamo capire il passato.
Anna Pia Ricci