Sandro Outwo e il secondo album “Consapevolessere” – L’intervista
Il 19 giugno è uscito per B.M. Records il nuovo album di Sandro Outwo, “Consapevolessere”, a distanza di sei anni da “L’ultimo io”. Questo nuovo lavoro è composto da 9 brani scritti da Sandro Outwo con la partecipazione di diversi produttori: Sup Nasa e Stefano De Vivo (del collettivo THINKABOUTIT), Whyusoicy, Mav, Enzo Mele, Ake e dal duo Matlok, composto da Mattia Chiavaroli e Paolo Lok. Abbiamo fatto qualche domanda a Sandro per andare più fondo nella sua musica.
Mi ha subito incuriosito il tuo nome d’arte: tu sei Sandro Torres, ma hai adottato il nome Sandro Outwo, come si pronuncia e da dove viene Outwo?
Outwo è la formula chimica dell’ossigeno in inglese, ma è anche il personaggio di un film, “Waist deep” uscito negli USA nel 2006, che in italiano è stato tradotto in “Strade dannate”: nel cast c’era uno dei miei rapper preferiti, The Game, che faceva il cattivo, e uno dei personaggi si chiamava O2, interpretato da Tyrese Gibson, un altro cantante rnb americano. The Game rapiva il figlio di O2 e O2 per riprenderselo e mettere insieme i soldi del riscatto faceva di tutto, mi colpì l’amore incondizionato di un padre verso il figlio, così ho scelto O2, ma ci ho messo anche il mio nome, Sandro, per renderlo meno cattivo perché rispetto alla musica che facevo non mi rispecchiava appieno. Ovviamente mi hanno storpiato il nome in mille modi diversi, all’inizio lo scrivevo O2, ma volendolo pronunciato in inglese, non ha funzionato, così è diventato Outwo.
“Consapevolessere” è il tuo secondo album a sei anni di distanza da “L’ultimo io”: nel comunicato stampa ho letto che hai paragonato questo nuovo lavoro a una seduta dallo psicologo, ma al termine di questa seduta, qual è il responso?
Questo paragone mi piace molto perché sono tra i pochissimi artisti che non riesce a scrivere se sta male, quindi quando io soffro l’ultima cosa che mi viene è la voglia di scrivere, significa che necessito di essere sereno, tranquillo, anche per rimuginare su delle cose passate. In passato sono stato in analisi da uno psicologo e mi ha aiutato così tanto da farmi superare cose negative della mia vita: ritengo di aver chiuso tutte le porte, eliminato tutta la negatività che avevo in me negli ultimi anni. Quando mi sono sentito bene ero pronto ad andare da uno psicologo immaginario, ovvero me stesso, darmi un cinque e dirmi “ok hai fatto un buon lavoro, un buon percorso e sei uscito da quello che effettivamente poteva essere un periodo negativo e sei stato bravo”. “Consapevolessere” parla proprio di quest, sono io in ogni parola del disco e siccome in un verso dico che “le parole pesano più delle azioni” ho voluto usare nove parole per i titoli e racchiudere quello che era la mia consapevolezza all’interno di una parola che in realtà non esiste, “consapevolessere”, ma che ho coniato apposta e che si definisce in una citazione della title track quando canto “so quanto valgo e so quanto do e so chi sono”.
Una cosa curiosa è che sia per questo album sia per il precedente hai scelto più produttori, come mai?
Il primo album parlava del mio cambiamento e “l’ultimo io” era un inno al cambiamento, parlavo di diversi io e ho trovato in linea con il concetto scegliere dieci produttori diversi per ognuno dei dieci brani. Per questo nuovo album cercavo una certa uniformità di suono e nonostante la gestazione sia stata più corta rispetto all’altro (l’altro quattro anni, per questo solo dieci mesi) sono stato molto più attento sulla scelta delle strumentali perché volevo che il disco andasse in una certa direzione;ovviamente ci ho messo cinque anni e mezzo per trovare i difetti a quello vecchio, o meglio, ho cominciato a trovare dei difetti quando ho cominciato a registrare il disco nuovo e a capire che cosa dovevo necessariamente migliorare. I produttori li ho guidati parecchio, ci tengo a sottolineare che sono amici e parenti, quindi sapevano più o meno quello che volevo fare. Alla fine ho tirato fuori qualcosa che mi ha soddisfatto parecchio e che ha dato continuità a livello di suoni.
La copertina del disco è particolare, ti si vede, ma sei un riflesso mosso nell’acqua, questa immagine cosa rappresenta?
In realtà il concept dietro la copertina è figlio di un brainstorming con il mio grafico Domenico Scagliusi che ha curaro l’intero artwork del disco facendo emergere cose assurde relative alla consapevolezza: ci siamo informati su internet andando a vedere alcune teorie di pensiero legate alla filosofia e psicologia che dicono che “la consapevolezza è accettare i propri difetti e i propro punti deboli non in modo passivo, ma facendoli diventare dei punti di forza”. L’idea iniziale era quella di mettere due me diversi nella copertina, uno riflesso nell’acqua e l’altro il veero me, chi ero diventato; non si è concretizzato totalmente, ma forse è meglio perché questa copertina racchiude tutto quello di cui ho voluto parlare all’interno del disco. Si arriva a una consapevolezza, ma costellata da un po’ di debolezza e insicurezza che ci sono ancora.
Ci sono un paio di versi in “Consapevolessere” di cui ti chiedo un commento, uno è: “io cerco ancora me stesso, ma è più semplice adesso che ho scisso cuore e cervello per non cadere più giù”, in che senso hai scisso cuore e cervello?
La scissione l’ho dovuta fare, in quanto venendo fuori da una storia importante andata un po’ così e a tratti tossica, il cervello ha dovuto dire al cuore “ok basta, staccati, mettiti in pausa”. Per un po’ di tempo ho anche avuto paura di non saper provare più niente, però questa cosa mi è servita perché sono riuscito a fare con più lucidità delle scelte giuste per me e per il mio benessere, che mi hanno portato alla serenità e alla tranquillità di cui parlo nel pezzo.
Infatti questo si collega con l’altro verso di cui volevo chiderti commento “non voglio più barattare la mia serenità”…
Esattamente, perché sempre a causa di quella storia ero sceso a compromessi poco carini con me stesso, ero entrato in un loop che mi portava a rinunciare a delle parti di me pur di stare insieme a quella persona.
Hai in programma delle date dal vivo?
Il 22 luglio faccio un live per Puglia Music da casa mia con il mio dj Ake, faccio cinque pezzi di “Consapevolessere”. Per questa estate mi sto interessando poco per delle date, considerando la situazione, sposterò tutto in autunno. Invece a breve uscirà, a fine luglio, massimo entro metà agosto, il video di “Guatemala”, il primo singolo estratto del disco. Ho in mente di fare almeno altri due video estratti dall’album.
“Guatemala” e una storia d’amore divertente, come è nata?
In realtà il “Guatemala” è il Paradiso che ho in mente, un luogo in cui non ho necessità di preoccuparmi di essere felice perché sono felice e basta. Dietro al titolo c’è un aneddoto molto carino: devi sapere che mio padre a Polignano al Mare, il mio paese, ha un’attività commerciale, un bar, e dalla fine degli anni 80 ha una specialità, il gelato alla patata. A metà anni 90 venne al bar una tv australiana per intervistarlo. A Polignano c’è un artista che lavora il vetro, Peppino Campanella, che in quel periodo era in Guatemala e telefonò a mio padre dicendogli:”ti ho visto sulla tv australiana”. Io non sapevo neanche dove fosse il Guatemala allora, per me era una cosa così distante, che me la sono portata dietro.
Come nasci tu come cantautore e quando inizia la tua vocazione musicale?
Io ho sempre ascoltato musica sia da mio papà sia da mia mamma, mio padre è un grande appassionato di bande e di musica in generale, quindi avevo sempre roba da ascoltare. Quando ero piccolo mio padre mi trasmise la passione per le bande e costringevo mia madre a portatmi in giro con uno strumento finto quando la banda suonava nelle feste di paese. Poi gli ascolti sono cambiati, mia madre aveva a casa sempre la radio accesa e ascoltava Stevie Wonder, Barry White, Lisa Stansfield e un po’ di musica italiana, tra cui Raf, tra i suoi preferiti. Poi nei primi anni 2000 non era facile per un ragazzo di provincia, del sud poi, approcciare al rap e all’hip hop, ma mi è capitato in mano un disco di Eminem, che mi ha folgorato, e oggi, dopo 20 anni, sono ancora qua che ascolto black music, prediligendo le cose cantate. Il rap mi piace molto, mi piace farlo, però ultimamente, soprattutto in italiano, a parte Ghemon che è il mio artista preferito, riesco ad ascoltare veramente poco. Ascolto tanto rnb, soul e rap americano. Ho cominciato a cantare intorno al 2007, il fratello del mio dj del cuore, non quello attuale, ma il mio migliore amico, ascoltava hip hop. Mi girò delle basi che non aveva utilizzato e io cominciai a scriverci sopra, gli feci ascoltare quello che avevo scritto e mi ricordo che in macchina, quando rappai la prima cosa dal vivo mi disse “vai a tempo” che per me era il complimento più grosso che potesse farmi, perché non avevo mai rappato in vita mia, e questa cosa è continuata fino a oggi e continuerà ancora per molto tempo.
Roberta Usardi
Fotografia di Francesco Scagliusi
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