Lino Musella a tu per tu con Jan Fabre – L’intervista

Un caldo pomeriggio d’agosto. In un caratteristico e suggestivo – anche nel suo essere denudato dalla calura – quartiere periferico romano, abbiamo incontrato l’attore Lino Musella.
“The Night Writer – Giornale Notturno”. Cosa ti ha spinto ad accettare questa sfida? Perché stiamo parlando di una vera e propria sfida o sbaglio?
Sinceramente l’ho accettata a scatola chiusa. La proposta è stata quella di fare un lavoro con Jan Fabre per un attore solo, un assolo. Io lo conoscevo già come regista e come artista, ma non avevo fatto particolari studi su di lui, ma sapevo chi era. Quindi ho accettato a scatola chiusa e mi sono lanciato in questa avventura, ho sentito che poteva essere una cosa bella, però poi quando ho letto il testo, dopo aver accettato, effettivamente dei dubbi mi si erano annidati rispetto a che farò e cosa non farò, anche dovuti a una sorta di ignoranza, perché su Jan Fabre ci sono moltissimi pregiudizi e moltissime ignoranze, anche di persone colte. Si riesce molto poco ad afferrare la complessità della sua figura, nonostante sia l’unico artista vivente a cui è stata dedicata una mostra al Louvre, ma viene spesso frainteso…
Mi fa pensare a Pasolini…
È bellissima questa cosa. Sì, forse Pasolini è la personalità più vicina a Jan Fabre: è un artista a 360 gradi. Mi hanno detto spesso “cosa c’entri tu con Jan Fabre” e, invece, niente di più sbagliato. In questo caso, lui aveva bisogno di un attore che restituisse con la voce, con l’interpretazione, un teatro quasi classico, di parola. Io sono stato diretto da lui come raramente mi è capitato in Italia, diretto sulla Parola, quindi ho trovato quasi un regista – rispetto a certe cose – vecchio stile. Poi, chiaramente, quando mi ha chiesto di scalfire in alcuni punti e di impazzire in altri, ho visto tutta la sua direzione performativa, però partendo sempre dalla tradizione, partendo da una profonda conoscenza del palcoscenico e del lavoro dell’attore.
Jan Fabre, la sua vita, i diari, la solitudine. Qui non parliamo di una semplice interpretazione. Qui hai dovuto scarnificarlo, avvicinarti alla sua anima, toccarne quasi il sangue… Come hai vissuto questo incontro?
Sicuramente c’è stato un fattore alchemico importante: erano troppi pochi giorni di lavoro e non ci conoscevamo. Ha funzionato perché poteva funzionare, non perché ci siamo obbligati a farlo. Quindi, questo incontro c’è stato, c’è stata anche una grande sintonia rispetto ad alcune cose, anche un lavoro duro, però davvero una grande sintonia. Io posso andar bene solo se alla base c’è anche un materiale valido: si va così a creare un dialogo, un incontro. Fabre è un regista che utilizza una direzione forte, devi stare sul pezzo, perché chiede sempre di più. Lo spettacolo è semplicissimo, quasi un reading: sono seduto tutto il tempo, è una vera e propria drammaturgia, un ritratto d’artista. Si parla di una parte della sua vita, quando non aveva ancora raggiunto il successo, quindi ci sono anche i suoi fallimenti e sentimenti umani molto forti, come l’amore per il fratello perduto o quello per i genitori. E c’è questa grande ambizione, questo desiderio di portare le sue opere in giro per il mondo.
Sei riuscito a capirlo perché in fondo ti senti un po’ come lui?
Artisticamente no, perché è troppo complesso, ha fatto veramente troppe cose. Umanamente sì, ha degli aspetti antropologici, che mi ricordano le persone della mia famiglia, mi ricorda l’uomo del sud e quindi, grazie a questo, ho capito subito come si muoveva, come gesticolava, come reagiva alle cose…
E cosa ti è rimasto? Ti senti cambiato?
Sicuramente dopo quest’incontro mi sento diverso. Mi ha dato una bella spinta. Conoscere questo tipo di persone ti dà molto coraggio.
Qual è il futuro di “Giornale Notturno”? Noi intanto ti aspettiamo a Roma… e poi?
Subito prima di Roma siamo a Mosca, in una rassegna di assoli. Il lavoro in sé, in realtà, è pensato per l’Italia, anche perché è profondamente di parola. Dopo Roma, nel 2020 lo porteremo a Venezia, Padova, Palermo…
Prosegue intanto anche “L’ammore nun è ammore” la tua meravigliosa interpretazione delle altrettanto meravigliose poesie “tradotte e tradite” di Dario Iacobelli. E anche qui avete, insieme a Marco Vidino, suonato note che fanno vibrare. Come cambia l’impatto emotivo tra questo spettacolo e quello di Fabre; tra questo, più intimo e personale, e l’altro più lontano ma allo stesso tempo penetrante e spaventosamente fagocitante?
Sono entrambi due assoli e in realtà hanno delle caratteristiche simili per certi aspetti: il diario di Fabre è fatto di frammenti e anche i sonetti sono trenta frammenti che seguono questo tipo di costruzione. In tutti e due c’è una ricerca di contatto con il pubblico, c’è un mio desiderio di toccare; nei sonetti ad esempio cerco di toccare fisicamente, di sentire e far sentire gli odori, ed è questo il motivo per cui penso che i sonetti siano dedicati ai non napoletani, il non napoletano deve vedere lo spettacolo, il napoletano fa un passaggio in meno, perché non vive le parole come una possibilità di reinvenzione nella propria testa. C’è molta spiritualità in tutti e due i lavori. Anche se i sonetti non li reputo un vero e proprio assolo perché sin dall’inizio con me c’è Marco Vidino. Con lui collaboro anche su altre cose, ci intesso lavori a cui tengo in modo particolare: con Tonino Taiuti porteremo in scena “Play Duett 2”, un poemetto teatrale che è la prosecuzione del primo, ma più ampliato. Debutteremo alla Sala Assoli di Napoli per gli inizi di gennaio.
Infine, sappiamo che hai cominciato una nuova esperienza con gli audiolibri, abbiamo infatti avuto il piacere di recensire “Bacio Feroce” di Roberto Saviano letto da Lino Musella della Emons Audiolibri. Quali sono le emozioni di questa nuova avventura e cosa ci dobbiamo aspettare?
Sto registrando due lavori di Francesco Piccolo e uno di D. F. Wallace. L’audiolibro secondo me è un mercato che si sta allargando e le persone cominciano ad ascoltare di più. Credo ci sia una nuova porta che si è aperta…
Grazie Lino, ti aspettiamo a Roma con “Giornale Notturno” per il Romaeuropa Festival!
Marianna Zito
Foto di Valeria Palermo
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