LA DIGNITÀ DEL VIVERE E DEL MORIRE – AUTODETERMINAZIONE E DISOBBEDIENZA CIVILE CON MAURA GANCITANO E MINA WELBY
In due semplici parole si può racchiudere l’incontro di stasera tenutosi a Roma nella Libreria Teatro Tlon: dignità e libertà di scelta. Dare la possibilità alle persone di poter scegliere della loro vita e soprattutto della loro morte nel momento in cui la sofferenza è atroce e non ci sono più speranze di condurre una vita dignitosa.
Maura Gancitano, scrittrice e filosofa, apre l’incontro ricordandoci che, solo dopo numerose battaglie si ottenne, nei primi anni ‘80 l’abrogazione del “delitto d’onore e del matrimonio riparatore”. Fu il Parlamento italiano ad abrogare la “rilevanza penale della causa d’onore”, una disposizione tremenda, retriva e umiliante specialmente per le donne che ne erano le prime vittime. Si trattava di un “residuo legislativo”del Codice Rocco degli anni Venti, in vigore dal Fascismo, e in forte contraddizione con il Nuovo Diritto di famiglia e il divorzio, vigenti da tempo nella legislazione italiana. I diritti sono esigibili, devono esserci dati nel momento in cui la cittadinanza li richiede. Ma oggi, a che punto siamo con la battaglia per la libera scelta sull’autodeterminazione della persona, delle scelte di vita e fine vita?
In Italia, chi aiuta un malato terminale a morire rischia fino a dodici anni di carcere. Il diritto costituzionale che dovrebbe garantirci di non essere sottoposti a trattamenti sanitari contro la nostra volontà è costantemente violato. Maura Gancitano parla di disobbedienza civile, cioè dell’impegno per cambiare la società che supera l’interesse personale e si apre al bene comune e all’Altro. Noi dobbiamo mettere le persone nella condizione di poter scegliere, anche se Noi non faremmo mai quella scelta è importante dare all’altro la possibilità di poterlo fare. Si affrontano temi come l’aborto e l’obiezione di coscienza ma, soprattutto, le contraddizioni che segnano il nostro paese e il gran vuoto legislativo. Disobbedienza civile non significa andare contro le regole bensì volere una legislazione certa dove vengano garantiti i diritti all’autodeterminazione della persona.
Mina Welby sottolinea proprio questo, ci parla di Piergiorgio e di come sia morto, di Eluana Englaro o ancora di Dj Fabo e di tutti coloro che purtroppo, nel nostro paese, non sono stati ascoltati e curati secondo la loro volontà. Ci parla delle cure palliative, quelle che tutti i malati gravi dovrebbero avere, che dovrebbero alleviare i dolori cronici ma che vengono raramente utilizzate perché si fa “economia”. La passione e la naturalezza con la quale Mina Welby affronta questi temi così delicati, ci fa riflettere sulla necessità di aprire gli occhi alle coscienze sorde dei nostri legislatori. Solo con l’impegno di tutti si possono ottenere dei risultati per questa battaglia che non riguarda solo l’altro, bensì tocca tutti noi. Dovremmo esigere una vita dignitosa per tutti coloro che affrontano la malattia quotidianamente e ancor più per coloro che hanno diritto a scegliere come porre fine alle loro sofferenze, perché nel dolore non c’è assolutamente nulla di nobile o né tantomeno di santo.
Rosalba Romaniello