“DONNE DENTRO. DETENUTE E AGENTI DI POLIZIA PENITENZIARIA RACCONTANO” DI MONICA LANFRANCO
È la voce delle donne che vivono
e abitano nelle carceri di Napoli,
Milano, Verona, Genova, Roma, Firenze quella che, tra le righe di questo libro “DONNE DENTRO. DETENUTE E AGENTI DI POLIZIA
PENITENZIARIA RACCONTANO” (Settenove
Edizioni, pp. 120, euro 14) di Monica
Lanfranco, racconta la sofferenza, l’isolamento ma anche la quotidianità
delle loro giornate. Voci che si fondono e vite condivise: quelle delle agenti
penitenziarie e quelle delle carcerate.
Sono le “Carcerate comuni” e non “i mostri” – i “casi celebri” che, sempre più spesso, riempiono le pagine di cronaca o quelli “spettacolarizzati” nelle tante trasmissioni in TV – sono madri, mogli, sorelle che scontano una pena, perché hanno sbagliato o perché la vita le ha portate a fare scelte sbagliate. Probabilmente è proprio l’allontanamento, il distacco dai ruoli della vita fuori da quelle mura a rendere più doloroso l’isolamento, rispetto alla stessa esperienza vissuta dagli uomini. Ci sono poi le agenti di polizia penitenziaria, da pochi anni riconosciute e sollevate dal precedente ruolo di “guardiane”, che le vedeva sottoposte ai colleghi uomini; “guardiane” nell’accezione più negativa agli occhi delle detenute stesse. Oggi invece sono dei ponti, collegamenti con la vita fuori, proprio loro che trascorrono la giornata “dentro” con il dolore e la sofferenza, ma che la sera ritornano “fuori” a essere madri, sorelle, mogli. Spesso nascono dei legami forti e intensi perché, nonostante la diversità dei ruoli, c’è un unico modo “di sentire “ che è quello delle donne .
Monica Lanfranco ci racconta qui i penitenziari – quelli di Napoli, Milano Verona, Genova, Roma, Firenze – fuori dalle città o interni al tessuto urbano, più o meno affollati, più o meno accoglienti, ma tutte realtà organizzate per la detenzione femminile. A un passo dalla vita reale ma, a tutti gli effetti, piccole città nella città. Isolati nell’immaginario della “gente comune”, quella che vive fuori e che relega e rimuove le realtà di sofferenza, dove il tempo scorre con una percezione differente. Ma anche Penitenziari, non più concepiti unicamente come luoghi detentivi punitivi, ma con uno sguardo alla riabilitazione e alla dignità, dove l’ascolto e le relazioni umane sono il balsamo lenitivo per le ferite e le paure, dove ferve attività creativa e lavoro, in alcuni casi vere e proprie cooperative costituite da donne “di dentro e fuori” che, in comunione, scoprono o riscoprono la pienezza e la serenità del sentirsi utili e, ancora e nonostante tutto, parte della vita.
Cristina Basciu