“Carica di vite, ricordi, futuro”: una barca in mezzo a San Pietro in Vincoli
Eterne voci umane storie raccontano, dice una canzone dei Fratelli Mancuso. Voci che talvolta sono spalle, braccia, piedi. La cui eco si moltiplica nelle maglie, nei foulard, nelle gambe dei pantaloni, nelle gonne, nelle scarpe: per quanto piccolo, ogni spazio che il corpo umano abita nel suo incessante sentire e muovere non rimane vuoto, mai più. Ma queste eterne voci sono sottili, facili prede del rumore che rende sordo lo sguardo prima ancora dell’udito. Dare una forma, creare una storia che sia custodia e veicolo di storie, è un modo magnifico e coraggioso di condividere ciò che fa di noi esseri umani.
Ed è proprio la condivisione il cuore pulsante di “Una barca nel bosco”, l’installazione nata da un workshop tenuto dall’artista iraniano Ahmad Nejad nel giugno 2017 a Piea, nell’astigiano, coinvolgendo un gruppo di giovani uomini provenienti da paesi differenti ma accomunati dal viaggio drammatico attraverso il mare Mediterraneo. Il primo giorno hanno costruito con le proprie mani una imbarcazione, il giorno seguente ne hanno “vestito” tutte le superfici adoperando i più disparati e variopinti capi di abbigliamento, borse, scarpe, tessuti. Il risultato è insieme una barca e una folla, un oggetto fisico e al tempo stesso una moltitudine. Il terzo giorno, la barca è salpata – facendo delle loro spalle onde marine – fino ad approdare in un luogo nel bosco. Per altre onde, la barca ora si trova a Torino, nel cortile di San Pietro in Vincoli, in occasione del 2° Festival delle Migrazioni. Nel portico, una trentina di fotografie (selezionate tra le centinaia a disposizione) esplora e documenta, con occhio attento e delicato, l’intero arco del workshop. Questi giovani uomini non hanno soltanto attraversato il mare: come spiega lo stesso Ahmad Nejad durante l’inaugurazione della mostra, ciascuno è passato anche tra le storie degli altri, di chi è arrivato qui e di chi non è sopravvissuto. Il percorso si conclude con delle interviste raccolte in un video e con un grande foglio di carta che reca tutte le firme – ogni segno, ovviamente, una storia a sé – accompagnate da alcuni versi, una sorta di bussola per lo spettatore.
La mostra, visitabile fino al termine del Festival delle Migrazioni, dunque fino alla sera di domenica 29 settembre 2019, è curata dall’Associazione Migr’Action che ha sede a Torino (Corso Casale 85/B) e che ha in serbo numerosi altri progetti dei quali speriamo di poter raccontare presto.
Pier Paolo Chini