“TU SEI AGATHA” AL TEATRO PARENTI DI MILANO
Il Teatro Franco Parenti di Milano sta ospitando in questo periodo tre spettacoli totalmente diversi. Chi lo conosce sa che il teatro ha tre sale: una grande, una media e una che non definirei “piccola” ma “intima”, riservata a spettacoli poliedrici e volti a un coinvolgimento più intenso tra attori e spettatori, con distanze molto più ravvicinate. E proprio in questa sala, la Sala Tre, si assiste a “Tu sei Agatha”, uno spettacolo tratto dal libro “Agatha” di Marguerite Duras adattato da Lorenzo Ponte, che firma anche la regia sottile ed essenziale con un’atmosfera – appunto – intima e intensa, percepibile già dall’entrata in sala del pubblico.
Due sono gli attori, un uomo e una donna, che sono anche narratori di se stessi e dell’altro e, in alcuni momenti, è come se si ascoltasse un racconto con immagini dal vivo. Luci soffuse, velate, che scoprono a poco poco le sagome degli attori rivelandone la nudità. Agatha, interpretata da Valentina Picello, è la prima a rompere il ghiaccio, così come per prima ha preso la decisione si rivedere il fratello prima di andarsene via con l’uomo che ama. Tale decisione però rivela quasi la volontà di rimanere. Il fratello, interpretato da Christian La Rosa, non è incline a lasciarla andare, la ama e rievoca ricordi d’infanzia trascorsi a Villa Agatha, con leggerezza, poesia, delicatezza. Da quei ricordi ritorna tutto e riemergono le sensazioni, le paure, la forza e il timore del loro legame.
All’inizio dello spettacolo non è ancora chiaro quale sia il rapporto tra i due, se non che esiste una relazione forte, benché non si guardino quasi mai negli occhi e non si tocchino mai. Si danno del “voi” come se la loro identità fosse sdoppiata o forse per proteggersi da quello che sentono. La partenza di Agatha può sembrare una decisione presa per troncare questo sentimento estremo verso il fratello, ma è lei stessa invece ad affermare che per farlo davvero dovrebbe restare. La nudità rappresenta il loro essere, la loro corporeità, la loro fragilità, il loro essere uguali e diversi allo stesso tempo, il riflesso di una parte di loro stessi, che non ammette altri legami, altri amori, altro spazio. Toccanti i bravissimi attori che portano gli spettatori a immergersi nel loro mondo, che sembra un sogno che si ripete, ambientato in una camera con una finestra dalla quale entra un raggio di sole d’inverno, con due persone, entrambe di trent’anni, nude, arrivate separatamente, ma inesorabilmente, spietatamente unite.
In scena fino a domenica 21 ottobre 2018.
Roberta Usardi
Foto di Marcello Tomasi