Timur Zangiev al Teatro Regio: ripartono anche i concerti
Al Teatro Regio di Torino ripartono anche i concerti. Il primo della stagione è stato sabato scorso, 30 settembre 2023, con uno squisito programma: Saint-Saëns, Debussy e Ravel. Una serata magica: protagonista, l’incanto. Sul podio, Timur Zangiev, tra i più richiesti della sua generazione. Classe 1994, Zangiev è nato in Ossezia del Nord, nel Caucaso fra Russia e Georgia, e da lì è salpato per approdare nei teatri di tutto il mondo. Con lui, Ulisse Trabacchin, neo-maestro del coro. Filo conduttore dell’antologia selezionata è la sensualità di fine Ottocento francese, con alcuni suoi risvolti possibili; ora più concreta ora impressionista, e con un tocco di quella nostalgia preromantica per l’antico che tuttavia persisteva nell’immaginario comune. Un appuntamento molto suggestivo, e impeccabilmente diretto.
Si decolla col Bacchanale, dal terzo atto di Sansone e Dalila, musicato tra il 1875 e il ’76 e presentato a Weimer l’anno successivo. Camille Saint-Saëns, tuttavia, l’aveva già immaginata nel ’68, e ne aveva parlato con Liszt, che (pare) accettò di portarlo al Teatro Granducale ancor prima di avere lo spartito. La storia è celebre, ma qui diviene uno strumento per portare sul palco un certo erotismo oscillante fra morbidezza e violenza. In questo caso si è scelto di raccontare la seconda: Sansone è stato catturato, ha perso i capelli, e viene deriso dai filistei. Il male ha prevalso, Dalila ha raggiunto i suoi scopi: nel tempio di Dagon si festeggia con un’orgia prima che il “vero” Dio restituisca le forze al suo paladino per l’ultima volta. Spiega inoltre Andrea Malvano nel libretto: la musica, piena di arabeschi dei fiati, rimanda a un esotismo da cartolina […] Ritmi e colori esprimono una violenza spesso al confine con la volgarità, ma tutto è funzionale alla rappresentazione di un popolo sanguigno e passionale, del tutto insensibile al valore delle relazioni sentimentali. Due decenni più tardi, Claude Debussy traeva i suoi Nocturnes dai poemi del simbolista Henri De Régnier e dai dipinti di James McNeill Whistler: un esperimento collaudato sull’impressionismo sinfonico dal quale nacque un trittico per orchestra e coro (senza parole) di mezz’ora circa. S’inizia dalle Nuages, le nubi, eteree, moderate; per passare alle Fêtes: il momento delle cerimonie, il passaggio di un corteo militare? Concludono le Sirènes, dove le voci femminili divengono lo strumento il quale, una volta per tutte, sancisce l’aleatorietà dei contenuti: accennati, ricomponibili, si configurano come mere suggestioni. Infine, Ravel, ancora dieci anni più avanti. Basandosi sull’omonimo romanzo del Longo Sofista (II-III secolo), il compositore plasmò Daphnis e Chloé, balletto pastorale dai risvolti volutamente bucolici: siamo in una Grecia vaga e idealizzata; sull’isola di Lesbo una coppia di giovani innamorati si ritrova a destreggiarsi in un ambiente disinibito fatto di creature maliziose e sessualità esplicita, come scrive sempre Malvano. Opera complessa, fluviale, i Notturni vennero quindi coreografati da Michel Fokine per i balletti russi di Sergej Djagilev e presentati al Théâtre du Châtelet di Parigi nel 1912. Di che si tratta, comunque? Dopo una danza religiosa, Dorcon balla per Chloé (anzi, flirta), ma Daphnis propone una danza molto più aggraziata, in difesa del suo amore. Arrivano i pirati e la rapiscono, ci si appella a Pan (e qui una lieve digressione sulla sua relazione con Siringa, la ninfa divenuta flauto), grazie al quale si assiste ad un ricongiungimento e ad una danse générale, che mette tutti d’accordo.
I tre spartiti coesistono efficacemente, per analogie e contrasti: per quanto alcune distanze intellettuali fra i tre musicisti siano innegabili, porli assieme in una rassegna ci consente di conoscerli meglio, come se vedessimo un segmento dello spaziotempo da più prospettive.
Il prossimo concerto avverrà il 23 ottobre: Mildenberger, che noi abbiamo già conosciuto, dirigerà Appalachian spring di Aaron Copland e la sinfonia n. 4 di Mahler.
Davide Maria Azzarello