“Shakespeare da bar” al Carcano, quando il Bardo si trasforma in un travolgente monologo
“Shakespeare da bar” e la travolgente recitazione di Davide Lorenzo Palla non sono stati pensati per un teatro storico come il Teatro Carcano di Milano, l’artista infatti ha iniziato ad esibirsi nelle ben più piccole ed informali salette dei bar, e solo recentemente è approdato nei teatri di successo del milanese, ma non rinnega la sua storia, anzi, la racconta con orgoglio al suo pubblico. Palla è andato in scena tre giorni e ogni serata ha portato uno spettacolo differente; tra Il Mercante di Venezia, Otello e Amleto, noi abbiamo scelto quest’ultimo.
Ma chi è veramente Davide Lorenzo Palla? Un attore, un cabarettista, un menestrello? O forse svolge tutte queste funzioni contemporaneamente? Il fatto di essere un figlio d’arte ha contribuito a forgiare il carattere eclettico e dinamico dell’artista, infatti il padre di Palla era uno scenografo che ha permesso al figlio di crescere a teatro. L’artista ha poi saputo crearsi una carriera di tutto rispetto, studiando con Massimo Castri, Paolo Rossi e Massimo Popolizio. La scelta di esibirsi nei bar è stata voluta, è stato il contesto che Palla ha pensato per avvicinarsi al proprio pubblico, e si è rivelata una soluzione vincente.
La trama dell’Amleto è stata attualizzata, semplificata e rallegrata con irriverenti battute di spirito, per poi essere portata in scena in un esilarante One-man Show. Davide Lorenzo Palla ha l’energia di un ciclone: ha retto lo spettacolo senza un istante di cedimento, un’esitazione, un errore, ma soprattutto senza perdere il sorriso. Con il semplice ausilio della parola, della voce e della gestualità, l’attore ha evocato cadaveri e banchetti, giardini e velieri, chiedendo al pubblico di contribuire con l’immaginazione a dare vita all’universo shakespeariano. La quarta parete è stata abolita, in quanto anche il pubblico poteva partecipare allo spettacolo: l’artista dirigeva infatti cori di risate, pianti, applausi, mormorii, hola e molto altro ancora. Alcuni spettatori hanno potuto persino interpretare delle piccole parti dalla platea. Ogni volta che l’attore doveva spiegare al pubblico come prendere parte allo spettacolo si accendevano le luci in sala, segno che lo show si interrompeva per creare un accordo tra Palla e spettatori. Molte volte, nel corso della rappresentazione, si ha avuto l’impressione che l’artista smettesse di recitare per esporre la propria opinione o intervenire nei propri panni, ma si trattava di un’illusione: la catarsi non è mai cessata e il ritmo della recitazione non si è mai interrotto.
In un angolo del palcoscenico Tiziano Cannas Aghedu si è occupato delle musiche, dell’accompagnamento dal vivo e della rumoristica, suonando diversi strumenti: tastiere, clarinetto, sassofono soprano, voce e theremin. Si tratta di una presenza discreta e poco appariscente, eppure fondamentale, perché le sue note hanno contribuito a conferire la giusta atmosfera alle parole di Palla.
Le scenografie sono state realizzate con semplici casse di legno, in modo tale da ricreare l’atmosfera di un modesto e senza pretese bar di periferia. Con due casse è stato realizzato un piccolo palchetto, in modo tale da rendere ancora più incisiva la presenza in scena dell’attore protagonista. Alle sue spalle, tre contenitori in legno mettono a disposizione i costumi di scena che Palla indossa per impersonare alcuni dei personaggi. Si tratta di oggetti semplici e carnevaleschi, come mantelli, corone e cappelli, ma di grande impatto visivo. In un angolo si trovava un leggio con un microfono vintage e una cassa, su cui l’attore è salito in piedi; si è trattato del luogo in cui sono stati recitati i monologhi Shakespeariani.
Palla offre una soluzione inedita e frizzante per riscoprire la tragedia Shakespeariana, adattando al grande pubblico dei teatri milanesi una soluzione che era stata pensata per un contesto differente. Il risultato è uno spettacolo dalla grande energia e da un forte impatto sullo spettatore. Possiamo affermare senza esitazione che l’attore ha conquistato il Carcano.
Valeria Vite
Foto di Alessandro Villa
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