“Questa volta sarà diverso” Davvero?

Marta Jiménez Serrano, scrittrice madrilena, è l’autrice dei racconti “Questa volta sarà diverso” (La Nuova Frontiera, 2025, pp. 256 , Euro 18,00).
“Poi tutt’a un tratto un giorno è quel giorno, il giorno in cui si sono organizzati una festa a sorpresa, si sono già accompagnati all’ospedale, hanno già viaggiato insieme, hanno già preparato un dolce per dei nuovi amici, si sono già perfino vestiti da Batman e Robin e allora rimane solo la vita davanti, da vivere vestiti da sé stessi, jeans, camicetta, maglione. Uscire, entrare, lavare il pavimento del bagno, rassettare le cose che si accumulano irriducibili sul tavolino basso del soggiorno, ed è in quel momento che è fatta, quando il tavolino, la vita e anche loro due sono ormai privi di qualsiasi novità, di qualsiasi via di fuga.”
Questa volta sarà diverso è quello che si ripete Veronica, protagonista di uno dei racconti. Ma quante volte ce lo siamo detto anche noi? Perché impariamo, ma in certe cose mai per davvero, laddove regnano sovrane l’irrazionalità, l’istinto e il caos. I rapporti umani, quelli di coppia nello specifico.
Serrano esplora il territorio coppia, e lo fa con grane sapienza, delicatezza, ironia. Senza girarci troppo intorno, mette nero su bianco, racconta di noi e vederci scritti su una pagina può essere bellissimo, traumatico, terapeutico, anche tutto insieme. Marcelo ed Eloísa ancora non lo sanno, ma sono destinati a lasciarsi. Claudia e Fran sono convinti che questa volta sarà diverso. Nerea crede di non essere innamorata del suo professore e Luis di essersi innamorato della sua alunna. Eva non sopporta di dover condividere Pedro con la piccola Rita a settimane alterne. Guille non riesce a capire se Carmen gli piace o se invece la odia. Leonor che tutto vuol essere fuorché un pretesto. Dolores, vedova, che scopre modi per stare bene che non hanno a che fare con nipoti e figli. Macarena e David che non sanno colmare la distanza sociale. E altri ancora.
Tutti racconti che esplorano l’amore e il desiderio, le attese, le promesse e il disincanto, seguendo storie che iniziano, finiscono, si logorano o si illudono di essere uniche, e magari per un attimo lo sono. E con schemi e fasi che si ripetono, diversi e uguali allo stesso tempo.
“La paura dell’amore è come la paura dei gatti. Paura della sibillina indeterminatezza del silenzio, della felina predisposizione al capriccio. La paura che ti salgano sopra all’improvviso, senza avvertire. Che ti si avvicinino, ti si piazzino sopra, ti accarezzino, ti facciano le fusa e poi, quando ormai ti sei abituato al loro calore e alla loro forma, senza alcuna spiegazione, se ne vadano. È la paura dell’incostanza, dell’incoerenza, del gesto che non ti aspetti.”
Ma proprio come quando un gatto decide che ne ha abbastanza, cos’altro possiamo fare se non guardare mentre se ne va? Semplicemente a volte i castelli che abbiamo costruito carta su carta crollano perché se ne stavano costruendo due diversi. E quello che ci dà amarezza, è tutto il tempo che abbiamo impiegato a trovare un modo, un metodo che funzionasse nella coppia: il modo, il metodo. Ma aggrapparsi è l’esatto opposto di un legame, di una relazione.
Da non amante dei racconti, questi li ho davvero amati: Serrano descrive quello spazio così difficile da gestire tra l’incapacità e il desiderio dove ci nascondiamo noi. Joad Didion ha scritto “Una sera ti metti a tavola e la vita he conoscevi è finita.” Ecco di cosa ci racconta la Serrano. Di tutto quello che succede e a un certo punto non succede più.
Laura Franchi








