MOLIÈRE E LA CURA: IL TEATRO
Un allestimento scenico immobile per tutto il tempo, fatto di corridoi trasparenti e porte, che fin da subito ci prepara a entrare in un divertente trambusto fatto di medici e clisteri, travestimenti, menzogne e canti d’amore.
Il continuo dlen dlen della campanella fa arrivare subito davanti a noi – a suon di insulti e medicine – una bravissima Anna Della Rosa nei panni di Tonina, l’infermiera di casa che si prende cura dell’eterno malato francese moleriano Giole Dix – un vecchio Argan nella sua mise da notte adagiato su un “trono rosso a rotelle ” – che ci mostra il suo grande talento attoriale alle prese con la propria follia ed esorcizzando, con un apposito tavolino dei farmaci – degno del miglior ipocondriaco – la paura di morire o forse di vivere, alla fine.
Solo la malattia può proteggerlo da questa paura di affrontare la realtà e dalla volontà di prendere decisioni (salvo che per il matrimonio della propria figlia, sia chiaro!) e questa situazione prenderà una svolta decisiva solo grazie all’amore fraterno – Pietro Micci – e filiale – Valentina Bartolo (nel doppio ruolo di Angelica e Luisona).
Foto di Fabio Artese
Questo Malato Immaginario – della regista Andrée Ruth Shammah e tradotto da Cesare Garboli – ritorna in scena al Teatro Eliseo col ricordo vivo di Franco Parenti che interpretò il ruolo del protagonista proprio al debutto dello stesso spettacolo negli anni ’80. Uno spettacolo rimasto lì immobile, ma sempre completo in ogni suo movimento. Tutto è perfettamente deciso e altresì tutto perfettamente accade.
Marianna Zito