Gli “Impressionisti Segreti” nell’avvolgente atmosfera di Palazzo Bonaparte
Roma – nello Spazio Generali con il progetto Valore Cultura all’interno a Palazzo Bonaparte in collaborazione con Arthemisia e il Presidente Iole Siena, con il patrocinio dell’Ambasciata di Francia in Italia e della Regione Lazio – ospita la mostra “Impressionisti Segreti” – prorogata fino al 3 maggio – la cui curatela è affidata a due esperte internazionali d’arte, Marianne Mathieu e Claire Durand-Ruel. È la prima volta che la meravigliosità del barocco di Palazzo Bonaparte – progettato originariamente dall’architetto Antonio De Rossi, viene aperto al pubblico, ed è proprio questa mostra che lo porta a essere “un bene di tutti e per tutti”, dopo anni di utilizzo privato, così come le opere degli Impressionisti Segreti che, nella seconda metà dell’ Ottocento, abbandonarono gli atelier parigini, per cercare nuove forme di rappresentazione del mondo, avvicinandosi sempre di più alla quotidianità, attraverso pennellate intense e piene di colore. Le opere esposte, quindi, abbandonano le collezioni private del mondo, dove sono accuratamente custodite, per essere ammirate da tutti. Ed ecco allora i lavori mai esposti di Monet, Manet, Renoir, Cézanne, Pissarro, Gauguin, Morisot e tanti altri artisti, riunite nel Palazzo in cui visse Maria Letizia Ramolino Bonaparte, madre di Napoleone, dal 1818 al 1836, anno della sua morte. Da lei prese ovviamente il nome e sul retro troviamo un’altana con scritto a caratteri maiuscoli “Bonaparte”, visibile tenendo le spalle a piazza Venezia e alzando gli occhi verso il palazzo. Il palazzo si sviluppa su tre piani, accessibili attraverso un portale ottocentesco, nel cui androne si trovano quattro busti di ispirazione classica, che riproducono i volti di filosofi antichi. Ad accogliere i visitatori nella Sala delle Panoplie è l’imponente gesso neoclassico di Napoleone come Marte pacificatore, il cui originale – commissionato da Bonaparte stesso a Canova – è paradossalmente conservato alla Apsley House di Londra, residenza inglese di Wellington, che vinse Napoleone a Waterloo. Sul pavimento si trova lo stemma del ramo toscano dei Buonaparte, quando ancora il nome conservava le origini italiane. Un altro ambiente da citare è la grande Sala dei Ricevimenti, decorata in stile neoclassico, con alle pareti disegni che fanno riferimento ai miti della classicità romana. Ma il gioiello della sala è il famoso balconcino coperto, il bussolotto che oggi affaccia direttamente sulla maestosità dell’Altare della Patria.
Ed è in quest’atmosfera e in queste sale che possiamo ammirare le opere degli Impressionisti Segreti (nati tra il 1830 e il 1840) che, allontanandosi definitivamente dalla pittura accademica, abbandonano gli l’ambienti in penombra degli atelier, dove il lavoro era dedicato alla riproduzione di scene storiche, mitologiche o religiose, per cominciare a dipingere dal vero, en plein air, tutto ciò che è visibile, dai paesaggi alle scene di vita quotidiana: nasce cosi il movimento impressionista. Sono più di cinquanta le opere esposte, tra paesaggi e figure femminili dei più importanti nomi di questo tempo.
È Claude Monet (1840-1926) a dare il nome all’impressionismo. Tra le opere di Monet esposte possiamo ammirare Braccio della Senna presso Vétheuil (1878 circa), una cittadina adagiata sulla Senna, circondata da colline che spiovono fin sopra le rive su cui si confonde la luce del giorno, che si intravede nella cupezza delle ombre, che sono lo specchio dello stato d’animo dell’artista. E tra tutti i pesesaggi di Monet spicca la luce dolce e delicata di Antibes (1888)
“Sto dipingendo Antibes, una cittadella fortificata, dorata dal sole, che si staglia contro belle montagne azzurre e rosa, e la catena delle Alpi eternamente coperta di neve”
Antibes fa parte di una serie di otto vedute composte ognuna da tre piani: il mare, la città di Antibes e le cime delle Alpi. Proseguendo ci colpisce da lontano il lavoro di Gustave Caillebotte (1848-1894) Una strada a Napoli (1872 circa), un lavoro di prospettiva, caratterizzato da una luce intensa. È di Henri-Edmond Cross (1856-1910) Gli escursionisti (tra il 1893 e il 1895) che mostra la sintonia dell’uomo libero a contatto con la natura, in un paesaggio e in figure dalle linee morbide e dai colori vivaci. Tra le opere di Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) possiamo ammirare Marina a Capri (1881 circa), un’esplosione di colore e luce del sud, su pennellate libere e delicate a tracciare giochi di luce sull’acqua. Ancora di Renoir troviamo Fanciulle in riva al mare (1894 circa) che esprime un’intima armonia tra le figure, immerse in toni calmi e sommessi, e il paesaggio, lasciando spazio a una pittura fluida e levigata. Interessante osservare da vicino i lavori di Gustave Caillebotte (1848-1894) di cui oltre a Mazzo di astri della Cina, nasturzi e girasole in un vaso (1887 circa) troviamo anche due altri grandi lavori Un balcone, Boulevard Haussmann (1880 circa) e Interno, donna alla finestra (1880 circa) a omaggiare la letteratura del suo tempo, da Madame Bovary di Flaubert a Les Fleurs du mal di Baudelaire, in cui si scruta il mondo da un vetro, senza avere la possibilità di potervi accedere e intravedendo un’ombra indefinita in lontananza. È il momento di Paul Cézanne (1839-1906) e la sua Scena leggendaria, nota anche come Sancho nell’acqua (1878 circa) ispirato alle avventure di Don Quixote de la Mancha; e ancora Paul Gauguin (1848-1903) con i suoi Pescatori bretoni (1888), una tra le prime tele che riproduce la quiete del paesaggio e dei soggetti raffigurati; e ancora Camille Pissarro (1830-1903), Paul Signac (1863-1935), Alfred Sisley (1839-1899) e Berthe Morisot (1841-1895) con la grazia e la delicatezza di Davanti alla psiche (1890 circa), la sensualità di una donna davanti a uno specchio; nonché manifesto di questa straordinaria esposizione, che ci dà la possibilità non solo di ammirare opere finora mai esposte al pubblico, ma anche di farlo in un luogo rimasto a lungo segreto ai nostri occhi.
Marianna Zito