La “Vita a rate” di Riccardo Caporossi al Napoli Teatro Festival
Al Trianon-Viviani di Napoli per il Napoli Teatro Festival 2019 debutta in prima assoluta il 17 e 18 giugno “Vita a rate”, spettacolo di Riccardo Caporossi.
Solo due attori per mettere in scena la vita, la sua inutilità e il suo rincorrersi come un cane che morde la propria coda, senza alcun senso. Agli attori non serve il corpo, non serve il movimento, poche parole, scambi di battute, volendo forzare la mano si potrebbe eliminare anche la parola e giocare solo con le luci di Nuccio Marino, che illuminano i volti in maniera drammatica, e il ritmo della pièce dato dal vento, che irrompe sulla scena a smuovere gli animi e i comignoli. Ho il sospetto che non sono nemmeno persone quelle che Nadia Brustolon e Vincenzo Preziosa interpretano. Forse sono due camini o addirittura il fumo che ne esce fuori , vuoto e inconsistente, tragico e comico nella sua illogicità. Ho accennato al vento, perché protagonista indiscusso è sicuramente questo elemento naturale che con folate improvvise e raffiche turbolenti dà il tempo a tutto lo spettacolo, detta i cambi di scena e arriva a disorientare i nostri amici, creando nuove situazioni e spargendo nell’aria le loro parole, lasciandoli muti e lasciando noi in attesa delle prossime storie che ci racconteranno. Sorridiamo dei personaggi, perché ridiamo della loro buffa condizione di cui è vittima da sempre l’umanità. Siamo senza uno scopo, senza un fine, la nostra esistenza non ha un obiettivo ultimo. Come per Vladimiro ed Estragone in “Aspettando Godot”, sembra che i nostri interpreti , Modì e Madì cerchino e trovino spunti e pretesti per far passare il tempo che quello si sa, è l’unica cosa che alla fine conta, aiutati da un terzo comignolo dal quale fuoriescono – come per trovare nuove idee e strade alternative – oggetti, ora un gomitolo di lana rosso, ora un ombrello. Un ombrello proprio come nella ricerca surrealista, un ombrello che dà bellezza e magia incontrandosi con una macchina per cucire su un tavolo operatorio.
Come per gli spazzacamini di Mary Poppins, ci troviamo sui tetti di una città grigia. Siamo nel mondo dell’altrove, dell’altroquando, una dimensione altra che per assurdo rappresenta la nostra condizione quotidiana tra silenzi e parole vacue. Noi, come i protagonisti, siamo vicini eppur lontani e solitari, piuttosto soli. Una scenografia da sogno che diventa incubo e sorridendo ci fa tornare con i piedi per terra. Niente come l’infelicità ci restituisce il buon umore.
Antonio Conte