LA PARANZA DEI BAMBINI approda a Torino dove il mare non c’è
Il nome paranza viene dal mare. È una barca da pesca. Nella Napoli dei nostri giorni è sinonimo di gruppo camorristico.
Roberto Saviano scrive la Paranza dei Bambini, Mario Gelardi firma la regia per lo spettacolo teatrale che gli attori della compagnia del Nuovo Teatro Sanità interpretano magistralmente.
Arrivano al Colosseo di Torino, il pubblico ascolta la loro verità feroce, realistica e allo stesso tempo immaginaria, quasi surreale.
“C’è un tempo per volare e un tempo per stare in gabbia” dice il vecchio dalla sua gabbia dorata al nuovo che avanza e che ha osato sfidarlo. Due generazioni criminali a confronto. Chi criminale lo è stato (don Vittorio, l’Arcangelo) e chi vorrà diventarlo (Nicolas Fiorillo, il Marajà). Nicolas o’ Marajà guida la nuova comunità criminale del rione Sanità di Napoli, lui è il capo, poi ci sono Briatò, Pesce Moscio, Dentino, Lollipop, Drone, Dragò. Adolescenti come lui che vogliono tutto e subito. Impugnano le armi e arrivano ovunque tu sia, anche tra il pubblico. Sono impegnati nel difficile e sanguinoso gioco della loro affermazione all’interno di un ambiente ostile e pericoloso.
Atmosfere cupe e scenografie mobili: ora casa, ora piazza o tetto di una città. Gli attori: Vincenzo Antonucci, Luigi Bignone, Ivan Castiglione, Antimo Casertano, Riccardo Ciccarelli, Mariano Coletti, Giampiero de Concilio, Simone Fiorillo, Carlo Geltrude, Enrico Maria Pacini sono animali da palcoscenico. Hanno tatuaggi, barbe lunghe, ardono di potere e parlano il dialetto napoletano. Un linguaggio comprensibile a tutti, diretto e volgare. Vogliono i soldi, il potere e il rispetto. La devozione di tutti gli altri. Vogliono il comando. Assoluto, illimitato.
Vogliono un posto nel mondo il Marajà e i suoi paranzini. Per ora, lo hanno conquistato qui a Torino. Il pubblico li ha applauditi a più riprese, e loro, forse hanno perdonato alla Torino juventina di aver preso Higuain.
Adda murì mammà se non è piaciuto a tutti.
Rosa Lia Lauria