La crudeltà di Davide Sacco incanta tutti al teatro Curci di Barletta
Quattro pareti dipinte di nero, una scrivania e due sedie accolgono lo spettatore in una scena di un film crime dove un uomo ben vestito fa il suo ingresso accompagnato da un giornalista che si definisce sin dalle prime battute “un brav’uomo”.
Un intervista all’uomo più crudele del mondo, proprietario di un’azienda di armi, che si rivela essere una tortuosa danza protratta fino alla sfinimento, intervallata da comicità e note grottesche utili a distrarre lo spettatore e a coglierlo impreparato per quello che avverrà.
Provocazioni continue, riflessioni poetiche sull’umanità e sulla parte più oscura dell’anima contraddistinguono la drammaturgia pregna di dolore di “L’uomo più crudele del mondo”, firmata dal regista Davide Sacco e magistralmente interpretata da Lino Guanciale nei panni dell’imprenditore crudele e Francesco Montanari nel ruolo del giornalista di un piccolo giornale letto da un pubblico molto ristretto, andato in scena sabato 18 e domenica 19 novembre nella splendida cornice storica del Teatro Curci di Barletta.
Una stanza buia in penombra accoglie e coccola le parole dei protagonisti all’inizio educate, vuote, prive di speranza, gioia e futuro e tre libri. Uno per bambini, una bibbia e un libro dello scrittore russo Fëdor Dostoevskij, uno “per contraddire, l’altro per capire e infine per ricordare”. Uno scambio feroce di personalità, di gesti, d’incertezze e decisioni da prendere come quella di uccidere poiché “questa notte uno dei due morirà”. Lo spettatore, così come il giornalista, restano intrappolati in questa stanza buia, priva di ricordi, scarna con l’obbligo di liberare l’uomo più crudele del mondo dalle sue angosce, dai tormenti più intimi e profondi che costringono i due protagonisti a rifletterci, non mancando di ironia e di sarcasmo. Non c’è più tempo. L’uomo d’affari conduce l’intrappolato giornalista in una ragnatela di pensieri e di ossessioni poco convenzionali fino a giungere ad una decisione da cui non c’è via di fuga: la morte. Ed ecco che la danza inizia, con una decostruzione sapiente del personaggio di Francesco Montanari che da brava persona si ritrova nudo in scena, spoglio di qualsiasi forma di contegno e di giudizio spinto sull’orlo del precipizio dall’uomo più crudele del mondo.
Si instaura tra i due una singolare amicizia, due persone che si confrontano in un ambiente buio, dalle pareti nere, privo di ogni speranza e sarà questa stessa stanza luogo del crimine, l’ammissione di una colpa, di una violenza ai danni di una bambina, figlia dell’uomo più crudele del mondo. Il carnefice? Quel giornalista che entrando in scena violentemente si difendeva dalle provocazioni, definendosi una brava persona.
Lucia Amoruso