L’ipocrisia borghese ne “Il piacere dell’onestà” di Pirandello al Teatro Franco Parenti
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Liliana Cavani ha diretto presso il Teatro Franco Parenti di Milano “Il piacere dell’onestà” di Pirandello, con Geppy Gleijeses, Vanessa Gravina, Leandro Amato, Maximilian Nisi, Tatiana Winteler, Mimmo Mignemi e Brunella De Feudis.
Una donna di buona famiglia, Agata Renni, resta incinta di un uomo sposato, il Marchese Fabio Colli; per coprire lo scandalo, la madre Maddalena e il cugino Maurizio Setti la convincono a sposare Angelo Baldovino, uomo dal losco passato, che tuttavia vede nel matrimonio un’occasione per redimersi e diventare onesto. Il signor Baldovino assume un atteggiamento che lui stesso definisce tirannico, per esempio imponendo al bambino l’orrendo nome di Sigismondo e stabilendo che venga battezzato in chiesa anziché in casa, come sarebbe consuetudine presso le famiglie benestanti. Agata appoggia passivamente il marito e si allontana dall’amante per il bene del bambino, mentre il Marchese ordisce un astuto piano per incolpare di furto il signor Baldovino e liberare Agata dall’ingombrante consorte. Quando il signor Baldovino accetta di andarsene, Agata prende una decisione inaspettata.
La commedia in tre atti è stata probabilmente modificata per ridurre il numero degli attori, infatti non compaiono in scena il borsista Marchetto Fongi, i quattro consiglieri, un cameriere e la comare. Ogni atto è ambientato in un salotto differente, che è stato differenziato dagli altri modificando l’arredo o spostando la collocazione di qualche mobile. Si tratta di tre interni di case di buona famiglia dei primi del Novecento, sebbene le scenografie e i costumi appartengano ad un’epoca successiva al 1917, anno in cui l’opera è stata composta ed è andata in scena per la prima volta al Teatro Carignano di Torino. La musica è poco presente: costituisce un soffuso sottofondo nella scena in cui viene presentato il personaggio di Baldovino, oppure è un piacevole intermezzo quando vengono modificate le scenografie. I costumi sono sobri e distinti, seguono lo stile della borghesia dei primi anni del Novecento; più volte gli attori si cambiano d’abito nel corso della rappresentazione. Agata è caratterizzata dal colore verde: compare in scena la prima volta in vesti scomposte e con la voce rotta dal pianto, successivamente è una donna dall’atteggiamento austero, intristito dal terribile fardello che è costretta a sopportare. Gli uomini indossano abiti distinti, il signor Baldovino è solito vestirsi di marrone adottando uno stile da uomo maturo. I dialoghi sono lunghi e complessi secondo lo stile di Pirandello, ma sono alleggeriti da uno stile recitativo frizzante e animati dalla gestualità viva degli attori. Il tema tragico della vicenda è ravvivato dall’allegro contrasto con alcune battute di spirito: è dai tempi di Shakespeare che i drammaturghi ci insegnano che, anche nelle tragedie più buie, deve essere presente un velo di comicità per vivacizzare i temi trattati.
“Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”, scrisse Pirandello: i personaggi sono chiamati a togliersi la maschera che hanno usato per conformarsi alle consuetudini sociali. Non è la prima volta che l’autore tratta il tema del matrimonio falso, che compare anche in “Ma non è una cosa seria” e “Pensaci Giacomino”. È singolare notare come il personaggio disonesto si riveli al termine dell’opera onesto, mentre il Marchese, che viene presentato come un gentiluomo, tenta di indurre un’altra persona a commettere un crimine. La commedia può infine essere letta come una critica alla borghesia, in quanto i personaggi sono borghesi che commettono azioni meschine per salvare l’onore e l’apparenza, adeguandosi al costume della buona società.
Valeria Vite