“La carezza della memoria”: la scatola dei ricordi di Carlo Verdone
Carlo Verdone, in un auditorium gremito, si è presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino nell’inusuale veste di scrittore per raccontare il suo secondo libro “La carezza della memoria” (Bompiani). Intervistato dal direttore de La Stampa, Massimo Giannini, Verdone ha raccontato la genesi di questo libro nato nel periodo del primo lockdown nella primavera del 2020. Un periodo in cui, rinchiuso forzatamente in casa, ha trovato la forza per aprire uno scatolone di tanti ricordi che gli aveva preparato e messo da parte un suo collaboratore – a cui era molto legato – prematuramente scomparso per una grave malattia.
Una volta aperta la scatola, piena di oggetti e fotografie, tanti ricordi sono affiorati alla mente, ricordi che Verdone ha deciso di raccontare con la solita ironia e comicità ma anche con un pizzico di malinconia e commozione. Si passa dall’episodio del capotreno, svenuto sul treno, a cui Verdone presta i soccorsi (la medicina è stata sempre la sua grande passione), non essendoci nessun medico a bordo, a quello esilarante dell’elefante del circo Orfei che, dopo un fragoroso barrito, lo riempie di muco scatenando l’ilarità dei suoi due figli, i quali per la prima volta ridono a crepapelle per una gag, seppur involontaria, del padre. Toccante e malinconico è anche il racconto della prostituta Maria F. con la quale un giovane Verdone, allora studente universitario, ebbe una storia semiplatonica.
Ogni episodio de “La carezza della memoria”, oltre ad essere un momento di vita vissuta a ritroso nel tempo, mette in risalto caratteristiche, tic e nevrosi delle persone incontrate nel corso della vita, ma è anche uno spaccato dell’Italia in particolare e di Roma in generale.
Antonio Caputo