#ioleggoacasa – Siamo solo dei contratti: breve viaggio tra i ricercatori

Giovani, caparbi e profondamente convinti che quello che studiano sia qualcosa di importante. Passano anni chini sui libri, giorni a cercare pubblicazioni rilevanti selezionando le riviste secondo il loro impact factor, e ore ed ore a spiegare meccanismi incomprensibili. Lo sguardo è sempre attento sul mondo ma gli occhi spesso puntano all’infinitamente piccolo. Gli animali a cui sono più affezionati sono i ratti e l’outfit migliore a cui aspirano è un camice, guanti in lattice e mascherina. Non deve sembrare molto divertente visto da fuori, eppure lo è, ve lo assicuro. Questa è la vita che si prospetta a chi, più o meno consciamente, decide di affrontare un percorso di studi “fuori dagli schemi”. Già, perché in genere fuori dalla facoltà di Biotecnologie non ci sono code di studenti lunghissime. Sono in pochi a fare questa scelta e sono ancora meno quelli che terminano gli studi.
È la scelta compiuta anche da Vito Antonio Baldassaro, in arte Duckbill, che in “Dottor Assegnista Ricercatore precario (all’occorrenza autista per convegni segretario portaborse tuttofare)”ci svela dei particolari sulla vita dei ricercatori italiani. O meglio, tutti quei dettagli tristemente celati durante le lunghissime lezioni universitarie, che diventano improvvisamente noti quando si mette piede in laboratorio. Con leggerezza ma anche con la giusta dose di “veleno”, Duckbill scrive e disegna con questo meraviglioso graphic novel – edito da Becco Giallo (2015, pp. 144, euro 14,50) – la sua autobiografia, aprendo al lettore una finestra sul mondo degli assegnisti di ricerca, che definisce “la malta che tiene insieme i vecchi mattoni di un’istituzione un po’ vetusta, che ha subito molte ristrutturazioni superficiali, fatte a costo zero, ma che avrebbe in realtà bisogno di un bell’investimento e di riforme strutturali”. Per intenderci, sono i giovani ricercatori non strutturati, ibridi tra studenti e lavoratori, che non possono godere dei diritti delle due categorie, ma sono investiti di tutti i doveri del caso. È l’esercito che ogni giorno consente alle Università di funzionare e fare progetti, troppo timorosi per abbandonare la barca e fuggire all’estero e troppo incoscienti da restare. È l’esercito dei sottopagati, che ringrazia quando il loro nome compare accanto a quello di un rispettabilissimo professore. Anche se quest’ultimo non sa nemmeno dove si trova il laboratorio. Ringraziano nonostante abbiano lavorato tantissime ore al giorno, tutti i giorni, con un contratto ridicolo, senza alcuna garanzia e una vita sociale non pervenuta. Ringraziano anche se sanno bene che dovrebbero essere loro a ricevere il ringraziamento. Ringraziano perché la passione per la ricerca è più grande dell’amaro che resta in bocca.
Duckbill chiude la storia – popolata da ratti volanti, zombie, piovre giganti e professori che si gonfiano fino a scoppiare – destandosi da quello che sembra essere solo un sogno, uno dei tanti fatti in laboratorio. O forse un incubo, di quelli fastidiosamente veri, a cui presto si abitua chi nella vita voleva solo sapere, conoscere e scoprire.
Sara Pizzale