“Giulietta” di Federico Fellini al Teatro Franco Parenti di Milano
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“Non ho mai potuto sopportare la mia faccia in uno specchio.”
La Sala Grande accoglie il pubblico del Teatro Franco Parenti di Milano (in tutta sicurezza e con una raffinatezza lodevole per mantenere le distanze di sicurezza) per gli spettacoli della stagione estiva; dal 13 al 15 luglio ha ospitato “Giulietta” di Federico Fellini, in occasione del centenario dalla nascita del grande regista. “Giulietta” è l’unica opera narrativa pubblicata da Fellini, con un soggetto che poi verrà sviluppato e ampliato per il film “Giulietta degli spiriti” (1965).
Il palco è aperto e l’attrice è già in scena al momento dell’entrata del pubblico: l’allestimento assomiglia a quello di un circo visto dall’esterno, la cui punta è l’attrice stessa a mezzo busto, che fa da colonna portante a una struttura che la imprigiona dalla vita in giù. La sua gonna è il tendone di questo circo, bianco e teso tutto intorno a lei, fermato al suolo. Ai margini sono stanziate delle marionette (opera di Gianni Busso), inermi agli occhi di tutti, ma non a quelli di lei, Giulietta, con il viso dipinto di bianco, un tocco di rosso acceso sulle guance e sulle labbra e i capelli raccolti e nascosti da una cuffia. Lei non solo è la colonna portante del suo circo, ma ne è l’essenza stessa, una presenza onirica. Giulietta è sorridente e vispa, rivolge il suo racconto agli spettatori, iniziando a parlare della sua infanzia e di come non sopportasse la vista del suo viso allo specchio. La sua famiglia si delinea attraverso le sue parole: sua sorella, sua madre, bellissima, e suo padre, così devoto al Duce. Tra ironia e leggerezza il suo flusso di coscienza si trova in un tempo e in uno spazio a parte, in cui fanno capolino vicende quotidiane e momenti particolari, come le sedute spiritiche insieme alle amiche, mai prive di rivelazioni, con spiriti dispettosi e ammalianti. Gli spiriti portano sentenze, ma più che spaventare esercitano fascino e curiosità. Il pubblico si fa testimone di una realtà a parte, ricca di suggestioni, sospetti e ossessioni, che Giulietta ha la capacità di rivivere senza lasciarsi sopraffare dalle emozioni, neanche quando, da sposata, sente il marito parlare nel sonno e pronunciare il nome di un’altra donna…
Un testo evocativo e bellissimo quello di Federico Fellini nel funzionale adattamento teatrale di Vitaliano Trevisan, capace di avvincere in ogni passaggio; la regia di Valter Malosti, che vinse nel 2004 il Premio Hystrio per questo spettacolo, è efficacissima pur nella sua staticità. Nei panni di Giulietta una strepitosa Roberta Caronia, che coinvolge e immerge lo spettatore completamente. Di rilievo anche le scene di Paolo Baroni, le luci di Francesco Dell’Elba e le musiche originali di Giovanni d’Aquila.
Roberta Usardi