Il NOME DELLA ROSA al Teatro Franco Parenti di Milano
“Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.”
Due ore e mezza per raccontare uno dei libri pilastro della letteratura italiana, edito per la prima volta nel 1980, un’impresa non semplice da portare a teatro, soprattutto considerando la densità dei riferimenti storici e la complessità del romanzo di Umberto Eco, nonchè la lunghezza dello stesso.
Eppure la drammaturgia di Stefano Massini ha reso tutto questo possibile e anche la sapiente regia di Leo Muscato, che ha saputo trasmettere questa complessità in modo molto diretto, grazie ad un cast di 13 attori davvero superbi. Bellissima la scenografia e gli effetti visivi, veloce ed efficace il ritmo e davvero gustosi i momenti di acuta ironia.
Dalla letteratura al grande schermo – con un cast di attori del calibro di Sean Connery e Christian Slater (1986) che ha emozionato intere generazioni – fino al teatro dove un Adso avanti negli anni racconta la storia e lo si vede quasi sempre in scena a osservare se stesso da giovane, nei suoi ricordi di quando fu discepolo di Guglielmo da Baskerville, inglese colto che ha studiato a Oxford, a cui viene spesso rimproverato il suo eccesso di logica, che lo porta inevitabilmente a una visione distaccata e razionale sia degli eventi delittuosi sia dell’amore (sia etero sia omosessuale presenti nel testo).
Adso è di altra natura, forse per la sua giovinezza ed inesperienza, perché si lascia andare all’istinto, sperimentando l’amore carnale e poco dopo il dolore per la sua perdita.
Nel mezzo i delitti e le indagini, le accuse, le condanne, gli arresti fino ad arrivare al gran finale che chi ha letto il libro conosce bene e che fa giungere al termine la rievocazione dei ricordi di Adso, pemeata ancora della sottile nostalgia per quell’amore perduto ma mai dimenticato.
Fino al 12 novembre al Teatro Franco Parenti di Milano.
Roberta Usardi