“I SOGNI DI UN DIGIUNATORE E ALTRE INSTABILI VISIONI” DI PAOLO ALBANI
Di Paolo Albani e del suo “I sogni di un digiunatore e altre instabili visioni” (Exòrma 2018, pp. 306 euro 15,50) ne avevamo già scritto al tempo della sua presentazione al pubblico, in occasione della scorsa edizione di Più libri Più liberi. Ci ritorniamo, divertiti e soddisfatti dalla lettura di questa raccolta che viaggia nel territorio dell’assurdo e del fantastico con grazia e leggerezza. Difficile mantenere l’attenzione per ben cinquantasei racconti, ancora più difficile se questa mole di scrittura frequenta i territori, come dicevamo, del fantastico, dell’assurdo e del non sense. Così come li ha definiti lo stesso Albani, si tratta di racconti bonsai, quindi brevi, una media di cinque pagine a racconto, un concentrato di trovate narrative, di satire sul mondo contemporaneo.
Paolo Albani narra con una lingua pulita, inteso nel senso più nobile del termine: raffinato e preciso, mai sopra le righe (un registro che altrimenti non avrebbe contribuito alla riuscita dei racconti, anche quelli più pericolosamente al limite della volgarità gratuita, pensiamo al racconto Micheal Douglas, che invece si svolge come un simpatico omaggio allo Zeno Cosini di Svevo). Una critica al mondo contemporaneo, dicevamo; una critica sarcastica al mondo che si autoassolve dai propri mali, una guida all’alienazione individuale (Trompe-l’oeil, tra i più riusciti della raccolta, la storia di un uomo che un po’ per gioco un po’ per bisogno affettivo fa realizzare, da un pittore suo amico, i dipinti della sua ex compagna su tutte le pareti di casa, così da illudersi di continuare a vivere una quotidianità di coppia), alla forma saggio (forse i migliori racconti del volume, in cui l’autore sa dare sfogo della sua cultura senza ingombrare col proprio ego la narrazione, pensiamo proprio al racconto che da il titolo alla raccolta, I sogni di un digiunatore), alla satira del mondo editoriale (tra i più riusciti L’uomo libro, Istruzioni per mangiare un libro e Il vero libraio).
Più volte abbiamo nominato l’assurdo, e non si può non tirare in ballo il nome di Kafka, almeno in riferimento al titolo omonimo dello scrittore praghese. E ancora, è doveroso nominare un altro nume tutelare di questi racconti, Giorgio Manganelli, più volte nominato da Albani, rendendo omaggio a un grande autore, uno dei pochi in Italia (pensiamo pure a Landolfi) ad avere narrato l’inusuale del nostro mondo non solo esteriore. In definitiva, I sogni di un digiunatore ha il pregio di divertire con intelligenza e acume. Non tutto va a segno, ma Paolo Albani ha mestiere e carattere e ancora molte storie da raccontare.
Giovanni Canadè