Essere arte, essere sposa, essere Pippa Bacca
Quali sono i limiti dell’arte? Quale è il confine che separa la realtà dalla libertà? Nessun limite, nessun confine e Pippa Bacca ce lo insegna bene. Ci vuole solo coraggio per essere vivi e liberi e lei ne aveva. È partita da Milano vestita da sposa con un sorriso ed è tornata nuda e morta. L’arte che fuoriesce, si mostra e si trasforma. È l’artista che decide, che conosce il rischio che corre e che, nonostante tutto, sceglie. Pippa Bacca ha scelto. Di essere artista. Di essere viva. Di essere libera.
“Tutto ciò che si porta dietro. Il suo corredo, come una sposa dei tempi antichi, un ventaglio di seta, una scarsella d’oro, un libro di ore, un cappotto di lontra, ciglia di lofoforo dai riflessi di smeraldo, una sopraccoperta indiana, una piccola mantella di orleans nera, il suo corredo o piuttosto il suo equipaggiamento, come un soldato in guerra. Si porta dietro 35 chili di oggetti attraverso l’Europa – e non parliamo del peso dei suoi sogni che pesano sicuramente tanto”.
È cominciata l’8 marzo del 2008 e finita il 31 maggio dello stesso anno questa storia che Natalie Léger racconta con “L’abito bianco” (pp. 128, euro 15) e che La Nuova Frontiera pubblica, nell’armonica traduzione di Tiziana Lo Porto. Ma l’autrice non racconta solo questo e decide di fare un passo ancora più indietro, creando un parallelismo tra la storia di Pippa Bacca, la vita di sua madre e più profondamente nell’analisi del rapporto madre-figlia. Pippa Bacca voleva portare in giro nel mondo un messaggio di pace, la pace che invece a sua madre è mancata.
“Anche se non riusciamo a capirli, dobbiamo prendere sul serio i gesti più insensati”.
La partenza in autostop con un’amica “passando per i Balcani, la Bulgaria, la Turchia, la Siria, la Giordania, il Libano”, i paesi della guerra, vestite da sposa, fino a Gerusalemme. Arte in una performance di vita solo per portare un sorriso, una parola gentile, “un gesto fatto senza scopo” o, al contrario per sposare il mondo intero, per dirlo come Alda Merini. Pippa Bacca è la realizzazione concreta della nostra utopia di bellezza e la Léger lo tramuta in parole. “Perché pensi di scrivere se non per rendere giustizia?” le chiede sua madre. Ma non solo, le chiede di aiutarla, difenderla e vendicarla. Dove l’unico errore commesso è quello di decidere di non essere davvero felice, con l’uomo sposato, suo padre.
“Se l’è andata a cercare”, si dice per tutti coloro che muoiono per mano di qualcuno, ma “non è che perché qualcuno vi dà una pistola siete costretti a sparare”, ma forse è davvero questa la realtà che ci ostiniamo a non accettare. Ma sono sicura che Pippa lo farebbe e rifarebbe ancora, perché quel senso di libertà di amore per l’arte e verso il prossimo ripaga la vita cento e cento volte, facendoci affrontare a testa alta e con un sorriso anche la peggiore condanna a morte.
“Della guerra sono stanca ormai
Al lavoro di un tempo tornerei
A un vestito da sposa o qualcosa di bianco
Per nascondere questa mia vocazione
Al trionfo ed al pianto” – F. De André
Un corpo è stato ammazzato, un abito da sposa buttato via, ma è grazie al suo velo concettuale che l’artista Pippa continua a regalarci arte, insieme al suo sorriso.
Marianna Zito