“Ognissanti”: l’EP d’esordio di Svevo Susa tra atmosfere cupe e intensità interpretativa
Lo avevamo intervistato qualche tempo fa in occasione dell’uscita del singolo “Luoghi sacri” (qui l’intervista) e ora finalmente è stato pubblicato l’EP d’esordio “Ognissanti” (Flamingo Management / Peer Music Italy). L’artista è Svevo Susa, che esprime appieno la sua personalità sonora e vocale nei quattro brani inediti di questo esordio dalle atmosfere ipnotiche che l’elettronica rende avvolgenti e appartenenti a un mondo a parte. Le melodie ricercate e le interpretazioni con voce sommessa e a tratti piacevolmente ruvida sono un’altra caratteristica di questo artista.
Già dalla copertina di “Ognissanti” emerge la visceralità, il mistero e la cupezza dell’atmosfera, elementi che rendono l’ascolto un viaggio che punta alla ricerca della luce, attraversando il cuore, il centro di se stessi. Andiamo nel dettaglio dei brani.
“Legge marziale” coinvolge da subito con la sua melodia ipnotica e l’interpretazione intensa, in cui Svevo usa un fil di voce, che da un profondo senso di incisività. Il beat elettronico risuona in una atmosfera intimista e cupa, che trova un’apertura durante il ritornello “prenderà tutto quello che c’è, venderà ogni parte di sé, è pelle pregiata, la paghi per tre, la sua rabbia è legge marziale e decide per me” e chi decide è cuore, definito “tiranno”.
“Immagine o rumore” è un brano d’atmosfera, a suo modo d’amore, lento e avvolgente, in cui la voce si fa più decisa e forte, pronta ad accogliere quello che arriva prima di avviarsi verso un beat più veloce: “e se è buio al mio fianco puoi dormire tu, ah che fatica, se tre giorni sempre uguali quando meno te lo aspetti una luce a lama fina taglia via due ore, due dita la città che diventano reliquia”.
“Quanto pesa” è una richiesta di accettare il cuore, sangue e ossa, un canto sofferto di offerta “ti offro sangue fresco nella rara eventualità che il tuo vecchio sangue sporco non risponda alle necessità di un demone danzante”, un’invocazione sofferta nel ricordare una voce amata, “non c’è più un suono che non sia la tua voce, ah quella voce, tu non sai quanto pesa”.
“Luoghi sacri” è un brano intenso ed evocativo che colpisce in primis per la voce sussurrata e implacabile nelle strofe, accompagnate da un beat elettronico continuo; la melodia sembra un mantra, fino ad aprirsi prima nel bridge e poi ancora di più al ritornello, in cui la voce trova più luce e limpidezza: “e quando sei li sotto al palco con le mani in aria e la testa in giù diventi il mondo e io muoio, la stanza è piena e ci sei soltanto tu”.
Un esordio notevole che fa ben pensare per il futuro.
Roberta Usardi
https://www.instagram.com/svevosusa/