Bernard Boursicot e Shi Pei Pu al Teatro Gobetti: lo spettacolo di Giorgia Cerruti e Davide Giglio
Da venerdì 16 a domenica 18 luglio, nell’ambito del cartellone estivo dello Stabile di Torino, è andato in scena 1983 Butterfly. Siamo al Teatro Gobetti, la sera della prima la sala è gremita (compatibilmente con i distanziamenti che ancora ci vengono imposti). Sul palco, Giorgia Cerruti e Davide Giglio della Piccola Compagnia della Magnolia, coadiuvata nella produzione dal Festival delle Colline Torinesi.
Lo spettacolo racconta l’incontro e la relazione fra Bernard Boursicot e Shi Pei Pu. Se non sapete di chi si tratta, potete guardare il film del ’93 di Cronenberg con Jeremy Irons e John Lone. Intanto, una breve contestualizzazione. Shi Pei Pu, personaggio estremamente controverso, nasce nel ’38 nella regione occidentale di Shandong. Cresce e studia a Kunmig, si laurea in letteratura. Di giorno insegna cinese all’ambasciata di Francia, la sera canta all’opera di Pechino: è bravo, androgino, probabilmente un falsettista. Primi anni sessanta: Charles De Gaulle annuncia che avrebbe riconosciuto il regime maoista, la Francia è la prima potenza occidentale ad inaugurare un’ambasciata a Pechino dopo la guerra di Corea. Bernard Boursicot, vent’anni appena, si ritrova a lavorare in quel neonato ufficio come ragioniere. Possiamo immaginarcelo come un giovane gaudente europeo già proiettato nel Sessantotto: abbiamo poche foto di lui da giovane, ma sembra piuttosto bello. Capello ondulato, spalle larghe, occhiali da sole appesi alla tasca dei jeans. Forse era in cerca di avventure, certamente voleva divertirsi: le feste degli ambasciatori non sono granché, allora va all’opera. C’è Madama Butterfly di Puccini. La protagonista è interpretata da una creatura più unica che rara: Shi Pei Pu, un maschio che dice di essere una femmina costretta in abiti da uomo per via del padre, che avrebbe preferito un figlio e non una figlia. Situazione difficile persino da spiegare, perché coinvolge così tanti livelli d’analisi (biologia, genere, orientamento, finzione…) da far girare la testa. Comunque, Shi Pei Pu si presenta come donna (sessualmente intesa), e insomma pare che si arrivi a dei rapporti al buio. Parentesi: non vogliamo peccare di morbosità, né scadere nella malizia, ma la circostanza sembra richiederlo. Insomma Bernard, che peraltro era anche interessato ai maschi, frequenta costui credendolo una lei. Difficile a credersi? Sì, ma è anche vero che forse a noi non dovrebbe interessare quel che accade nei talami altrui. Ma qui come in Francia si è cattolici e perbenisti, quindi le indiscrezioni seducono molti. Ma comunque: i due prima sono amici, poi amanti, poi alleati. Già, perché nel ’65 Shi confida a Bernard di essere in dolce attesa, quindi Bernard viene assoggettato alla logica di spionaggio in favore della Cina: lui voleva solo tutelare la sua compagna e il figlio che pensava sarebbe arrivato, dunque cede tutt’una serie di documenti francesi ai cinesi. Ora, non ci sembra che questo abbia determinato il disfacimento dei nostri cugini d’oltralpe, ma ovviamente Parigi non reagì bene. La Cina allontana quindi Bernard, lo mandano in Mongolia. Intanto Shi, molto probabilmente aiutato dal governo stesso, si procura un bambino che impersoni il figlio, Shi Du Du. Bernard ottiene l’espatrio per moglie e figlio: parte il controspionaggio francese. Si scopre che Shi è un maschio e una spia. Nell’86 inizia un processo, per certi versi inquietante, che condurrà entrambi a sei anni di reclusione. Nell’87 Mitterrand concede loro la grazia: si rivedono altre volte. Shi dice di averlo amato davvero. Lui/lei muore nel 2009, Boursicot invece è ancora vivo e ha assistito alla prima di questo spettacolo, il 17 giugno 2016. In quell’occasione ha dichiarato: È meglio essere imbrogliati che imbrogliare. Non c’è disonore nell’essere imbrogliati. E bastano queste due frasi per capire che non è lui il cattivo.
La pièce di Cerruti, che qui è anche regista, lascia emergere il delicato dolore che questa vicenda porta con sé. Innanzitutto, per alimentare l’idea della fluidità insita fra i generi, lei interpreta Boursicot, mentre Giglio è Shi Pei Pu. Dice Bernard nell’incipit: …ora vedrete perché la mia storia diverte così tanto, cercate di capirla dal mio punto di vista: siamo tutti prigionieri del nostro tempo e del nostro spazio. Vogliate ricevere questo lavoro con un sorriso indulgente, senza cercarvi alcun significato morale negativo o buono – come se riceveste una porcellana divertente, una figurina dall’estremo oriente… L’intento registico viene da subito dichiarato: bisogna cogliere questo episodio per quel che è. Un aneddoto esotico, un’avventura nella stupefacente patria di tutte le stramberie. Subito si vede la scena, curata da Lucio Diana e Renato Ostorero, tanto asettica quanto solenne: un tavolo, due candelabri, uno stendardo, una maschera dorata da unicorno. Gli ambienti – l’opera, una casa, il tribunale – cambiano grazie ai discorsi degli attori. I due colleghi affrontano il testo con un trasporto impressionante, lanciano i dialoghi su un pubblico perplesso, commosso e a tratti persino divertito, più che altro col passaggio del processo dove Cerruti e Giglio, sempre loro, indossano quelle parrucche da giudice e interrogano ossessivamente gli imputati su erezioni nascoste, posizioni, omosessualità, senza mai lasciarli rispondere però. Tra giochi di luce impeccabili e brani tanto espliciti quanto indispensabili, la storia evolve dall’inizio alla fine, espandendosi in ogni ambito possibile anche grazie ad un collage di interviste e missive recuperate dai due artisti. S’indagano gli squilibri emotivi, la precarietà dei generi, l’inganno, l’autoinganno, la disonestà intellettuale. Non è, ovviamente, una storia di omosessuali: è un intrico di peripezie che travalicano tutto quel che crediamo di conoscere sulla biologia, sulla sessualità, sulle relazioni. E sul finale, emergono gli animali lasciati a marcire nel nostro subconscio. Si legge sul copione: si massacrano di botte. Poi si trascinano ai candelabri, li spengono. Buio.
Davide Maria Azzarello