“DIO ARRIVERÀ ALL’ALBA” AL TEATRO LUMIÈRE DI FIRENZE
Sold out per il debutto in Toscana di “Dio arriverà all’alba – Omaggio a Alda Merini”, in scena al Teatro Lumiere di Firenze l’1 e il 2 marzo. Scritto e diretto da Antonio Nobili, prodotto da Teatro Senza Tempo – Produzione Spettacoli Teatrali, è patrocinato dal Comune di Firenze. La colonna sonora originale è di Paolo Marzo e le scenografie di Fabio Pesaro per Skenograph Italia. Il prossimo appuntamento nel capoluogo toscano sarà in occasione del Maggio Fiorentino nei giorni di sabato 18 e domenica 19.
A 10 anni dalla scomparsa della poetessa dei Navigli e a 40 anni dall’emanazione della legge Basaglia, sulla chiusura dei manicomi, ecco l’omaggio dell’enfant prodige del teatro italiano, il trentaquattrenne frusinate che ha ideato questo spettacolo. L’atto unico si svolge nello spazio che rappresenta la casa della Merini, un po’ caotica, solo perché estremamente vissuta, con le pareti graffitate, piene di numeri di telefono, appuntamenti, un misto tra rubrica telefonica, agenda e memoria dell’anima: il suo “muro degli angeli”. Alda (Antonella Petrone) si muove inquieta nel salotto della sua modesta casa popolare, a volte seguendo la musica della radio che la riporta a momenti del passato. Accendendosi una sigaretta dietro l’altra, interagisce con chi ha condiviso parte della sua vita: la timida e molto paziente Anna (Virginia Menendez), un giovane ed impacciato Arnoldo Mondadori (Davide Fasano), il suo medico, Dottor Gandini (Armando Puccio) oltre alla personificazione di bambina della sua anima (Sharon Orlandini), che a tratti piange poiché “Le lacrime dell’anima sono i versi del poeta”. L’inizio della storia in scena è sancito dalla telefonata di un professore universitario, amico della Merini, che le preannuncia l’arrivo di un suo studente per raccogliere materiale per un’intervista. Lei, dapprima svogliatamente reticente per questa, che le pare una vera e propria “invasione” da parte di Paolo (Valerio Villa), si trova ad accettare e poi… da quell’incontro, anzi da quegli unici quattro incontri, scaturiranno pensieri, parole ed emozioni, che cambieranno per sempre le vite di entrambi.
In un intenso susseguirsi di frammenti di vita, i sentimenti dello spettatore sono portati senza possibilità di controllo in un alternarsi disforico di risa, pianto e palpiti del cuore. Devastante è poi vivere insieme a lei l’immane squarcio interiore di madre che ha dovuto far crescere ad altri le sue quattro figlie. Le parole della poetessa rimangono scolpite nella mente di chi le ha ascoltate anche soltanto una volta, quelle frasi che segnano per sempre, come “Le notti dei poeti sono strane… ognuno di noi proietta sul soffitto, stralci di vita vissuta. Ricordi o peggio… rancori. Le crepe sul soffitto sono colpa mia.”, oppure: “Tutte le cose hanno bisogno di essere guardate. Se le guardi con passione, esse fanno piccole feste silenziose” e ancora “Il silenzio è come vento tra i pensieri. Se la passione è intollerabile, noi conosciamo la dimensione del silenzio”. Una passionalità, quella della Merini, che rapisce. Ogni uomo dovrebbe conoscere i suoi versi affinché possa “…amare la sua donna ricordandosi il suo nome e con esso il suo valore.”. E ogni persona dovrebbe ricordarsi che “…il pazzo è colui che è così vigliacco da essere normale!”.
Francesca Padula