CORIOLANO al Teatro Fontana di Milano
Una scena minimale, quella di CORIOLANO, con solo tre microfoni e un teatro – il Teatro Fontana di Milano – che non fa distinzione tra palco e platea, tra attori e spettatori, perché il pubblico è il popolo ed è parte della storia e del suo corso.
Siamo a Roma e assistiamo a luci accese alla ribellione del popolo per la mancanza di cibo, a causa di Caio Marzio, un generale patrizio. E passo dopo passo seguiamo le vicende di quella Roma antica, che ci sembra sempre più simile alla realtà di oggi, nella politica in giacca e cravatta e nella lotta verso il potere. Caio Marzio, fulcro della vicenda, assedia e conquista nella lotta contro i Volsci e dopo essere riuscito a mettere in ginocchio la città di Corioli, assume il soprannome di Coriolano. Poi, spinto dalla madre, decide di candidarsi a console. Come lo fa? Con grinta, con promesse, con determinazione, con furia cieca e con il sostegno del Senato. La sua campagna di conquista include la parte mediatica, formale, attraverso una telecamera che riprende in diretta, le luci al neon, i megafoni, le proiezioni, la partecipazione attiva del pubblico, che alimenta il carburante di Coriolano verso la vittoria. Ma come in ogni buona storia che si rispetti, l’agguato è dietro l’angolo e i tribuni del popolo, da sempre in conflitto con Coriolano, aizzano il popolo/pubblico alla rivolta e riescono a mandarlo in esilio.
Coriolano è guerriero, è rabbioso, è straripante, incontenibile nella lodevole interpretazione di Marco Maccieri, di cui già si percepisce l’intensità feroce dalla splendida locandina. Ottimo tutto il cast, Luca Cattani, Giusto Cucchiarini, Cecilia Di Donato, Marco Merzi, Valeria Perdonò, guidato dalla regia originale ed efficace di Marco Plini e da uno staff tecnico di rilievo, che ha curato le musiche, le proiezioni, le luci, i costumi. Un’ora e quaranta ininterrotta e intrisa di domande, di avvenimenti che ci riportano in parallelo dalla Roma antica all’Italia di oggi.
Da vedere, in scena al Teatro Fontana fino al 25 marzo.
Roberta Usardi