“La storia di Piramo e Tisbe. Una novella tedesca medievale” a cura di Anna Cappellotto
“Se sapessi dire e raccontare,
non vorrei tacere e narrerei una storia
(che è schietta
e certamente vera,
non falsata in alcunché)
sul potere dell’amore”.
Carocci ripubblica la prima traduzione italiana dell’unica versione di questa novella anonima, giunta fino a noi dall’alto-tedesco medio della prima metà del XIV secolo, “La storia di Piramo e Tisbe. Una novella tedesca medievale” (pp. 99, euro 12). La novella è una rilettura medievale di una delle fabulae più note delle Metamorfosi di Ovidio, qui curata dalla docente di filologia germanica Anna Cappellotto, che scrive una interessante e corposa introduzione, ad analizzare come il mito è stato sempre evocato e assimilato da tutte le arti in ogni sfaccettatura e i motivi per cui il suo successo è ancora oggi così duraturo.
“Quid non sentit amor”
Il mito di Piramo e Tisbe è la storia di un amore contrastato dalla famiglia e dalle regole sociali, un amore che si nutre, dall’inizio alla fine, delle parole che i due amanti si scambiano attraverso la crepa del muro che li divide, la divertente scena che Shakespeare inserirà nel suo “Sogno di una notte di mezz’estate”. Cominciano, da questo momento, una serie di parole e azioni fraintese, che avranno il loro romantico e tragico epilogo sulla sorte dei due giovani. La copertina di questo piccolo volume ritrae Piramo e Tisbe in una miniatura tratta da Christine de Pizan, Epitre d’Othea, Cologny, Fondation Martin Bodmer.
Marianna Zito