A Campo Teatrale va in scena “Il Buco”
Dal 2 al 7 aprile è andato in scena a Campo Teatrale di Milano la creazione collettiva a opera di Marta Annoni, Marco Colombo Bolla e Lia Gallo (quest’ultima anche regista), dal titolo “Il buco”. Sul palco è visibile da subito questo fantomatico buco del titolo, come una protuberanza nella parete, da cui spunta qualcosa di rosso, ancora non ben definito. Quando le luci in sala si abbassano, quel qualcosa di rosso si muove e si rivela per quello che è: un guantone da boxe, che appartiene a una donna (Marta Annoni), che dall’interno del buco esce alla scoperta, ha tracce di sporco sul viso e sul corpo, indossa un vestito bianco sbrindellato, è a piedi nudi e si muove agilmente e furtivamente.
Poi arriva lui, in quello spazio indefinito, che viene chiamato “deserto bianco”, lui, Fileas (Marco Colombo Bolla) che registra pensieri e sensazioni su un nastro e che porta con sé dei contenitori di vetro con al loro interno, parole. Si tratta di parole suddivise per categoria, le parole aspre, quelle pesanti, quelle leggere e poi le parole dolci, che però sembrano essere finite. Quei contenitori hanno una luce e quando vengono aperti, enunciano il loro contenuto. La donna è attratta dai contenitori in mano a Fileas, anche se è diffidente e prima di riuscire a trovarsi di fronte a lui senza timore avvengono diversi scontri. Lei non parla mai, comunica e parla con il corpo, con i suoi guantoni da boxe, con il suo sguardo deciso. Uno dei contenitori, quando viene aperto, fa sentire parole di donna, frasi, ricordi, che provocano in lei reazioni forti, sono forse parole sue? Ma cos’è quel buco? Qualcosa di reale o di metaforico? Cos’è quella pioggia di inchiostro che a un certo punto macchia la pelle di entrambi? Che sia forse l’inchiostro delle parole perse? Di quelle non ancora dette, di quelle mai pronunciate? Cosa rappresentano quei contenitori? Lo spettacolo offre ampia interpretazione sul significato del buco, non ha una localizzazione precisa, ma forse appartiene a tutti e in quel buco c’è di tutto, magari anche la via di uscita. Le parole non dette hanno forse lo stesso potere di quelle pronunciate?
Un testo complesso e aperto per ogni spettatore, Marco Colombo Bolla e Marta Annoni riempiono i loro personaggi a dovere, in una storia che sembra diventare sempre più intricata anche se si evolve, perché forse rispecchiano le sfaccettature di ogni personalità e di ogni “buco”. Interessante l’installazione connessa allo spettacolo fuori dalla sala: su un lieve strato di terriccio giacciono in punti diversi dei contenitori di vetro, ciascuno dei quali è provvisto di un audio riferito al tipo di parole che contiene: “parole leggere”, “parole aspre”, parole pesanti”, “parole da scrivere”. E per chi vuole, la possibilità di nutrire i contenitori con altre parole.
Roberta Usardi