“VORREI ESSERE FIGLIO DI UN UOMO FELICE” – DI E CON GIOELE DIX AL TEATRO FRANCO PARENTI

Il monologo “Vorrei essere figlio di un uomo felice” di Gioele Dix è andato in scena dal 20 al 25 novembre 2018, nella splendida cornice di uno dei teatri più prestigiosi di Milano, il Teatro Franco Parenti. Già dall’ingresso in teatro, si è percepito un pubblico di ogni età particolarmente rilassato certo che avrebbe assistito ad una rappresentazione gioiosa e un po’ sopra le righe.
Una comicità decisamente brillante che tratta con coinvolgente ironia l’Odissea, testo redatto in greco antico e di non facile esposizione. Lo spettatore viene solleticato più volte da illustri e calzanti citazioni, che partono da “I Borghesi” di Giorgio Gaber. Nella totalità di un’opera classica immensa di Omero, Dix ha scelto di mettere l’accento sul rapporto tra Ulisse e suo figlio Telemaco, partendo dalla diversità dei loro lunghi viaggi. Lo spettacolo è stato intenso, riflessivo e commovente, ma mai cupo, che si fa strada analizzando le spesso difficili relazioni tra padre e figlio. La rappresentazione è essa stesso un viaggio di un’ora e mezza, con evocazioni colorate, divertenti e talvolta folkroristiche, alla fine del quale Telemaco e Ulisse finalmente si incontrano in un abbraccio commosso. Dix è riuscito a spiegare, in maniera ripetitiva ma mai uguale, che c’è un momento in cui un figlio può decidere di non essere più semplicemente un figlio e vivere la propria vita, con responsabilità e accollandosi delle scelte, per continuare in autonomia il suo viaggio della vita. Il suo è un racconto volutamente senza tempo. Un grande classico che affonda le radici nella storia più antica che si dimostra sempre attuale. Il bello è che si è trattato di un punto di vista sicuramente inedito e geniale, in cui è stata date voce a ciò che tutti pensano, anche i pensieri più infausti, con l’arma disarmante del sorriso. È un esercizio in cui non mancano le critiche pungenti alla società moderna e al ruolo del genitore che oggi sembra incapace di mantenere una certa distanza, necessaria per permettere ai figli di intraprendere il loro viaggio e smettere di essere figli per diventare genitori a loro volta.
È stato ben spiegato che essere figli è un privilegio che si comprende a pieno solo quando viene sottratto dalla vita. Capita spesso rimpiangere i volti, le voci e abbracci che ti hanno cresciuto, soprattutto quando non ci sono più… e anche il solo pensiero di quegli elementi così importanti fa teneramente rivivere quell’abbraccio di bambino con cui si stringeva tutto il proprio mondo.
Luigi Barbetta