Super coscienza. Alla ricerca di esperienze di picco di Colin Wilson
Vi sono momenti particolari, nei quali cose o eventi ordinari sprigionano inaspettate epifanie svelandoci insospettabili significati straordinari, fuori dallo spazio-tempo, avvicinandoci alla nostra Felicità.
Quali sono le ragioni originarie che hanno allontanato l’umanità attraverso il tempo dallo stato estatico, rivelatore, mistico, intuitivo, liberatorio, catartico che connota in maniera diffusa e pervasiva il concetto e la percezione soggettiva dello stato di Super coscienza? Se lo chiede lo scrittore Colin Wilson – scrittore e saggista britannico – nel suo libro “Super coscienza. Alla ricerca di esperienze di picco” (Edizioni Tlön, 2018 – curato da Nicola Bonimelli) tracciando una narrazione eclettico-diacronica del pensiero occidentale, conducendo e inducendo, nel saggio, un dialogo a più voci fra testimoni illustri del nostro tempo, dai romantici a oggi.
Tra voci che si intrecciano,vite brevemente raccontate, stralci di riflessioni filosofiche, citazioni poetiche estrapolate con dovizia, indagini psicologhe e psichiatriche ordinate secondo rigorosi paradigmi scientifici, l’autore mantiene il lettore, con tocco descrittivo lieve e attento all’efficacia comunicativa, all’interno dei tracciati del filo del discorso nonostante la densità della materia trattata. Due i versanti delineati dalla esperienza di picco: l’accezione estatica della piacevole scoperta cosmica imprevista e la zona ombra di confine tra horror e disperazione, qui richiamando casi psichiatrici realmente studiati, offrendo una connotazione speculare dei volti complementari della bi-coscienza. L’origine del nichilismo moderno, secondo l’autore, nasce dalla progressiva presa di coscienza della concezione individualistico-romantica della vita verso lo slittamento depressivo al disincanto che molte vittime fece, molte vite tortuose interruppe, vite sognanti che non si piegarono “all’apparir del vero”. I nascenti stati nazionali, lo spirito di nazione e di popolo perse progressivamente il proprio vitalismo identitario per lasciare a numerosi protagonisti eccellenti di quel tempo il disvelamento crudele della realtà prosaica, “l’età della sconfitta”, appunto. E all’artista che aveva toccato il picco attraverso il proprio “montuoso paesaggio interiore” non resta che presagire la fine della propria somiglianza con l’onnipotenza di Dio. Nietzsche, che fondò il concetto di superomismo, trascinò fino alle estreme conseguenze gli esiti della perdita della Super coscienza, come forza vitale, “al di là del bene e del male”, consegnando il Novecento a uno stordimento attonito, a un noioso e prosaico mondo bidimensionale, che riduceva l’uomo a cosa, nuovamente diviso tra io e libertà interiore. L’urgenza di evoluzione sull’auto realizzazione è rintracciabile e ancora viva nell’attualità, secondo l’autore. La condizione umana che nella prostrazione e nello sguardo abissale si apre alla vertigine, cerca ancora oggi la grazia dell’epifania e il valore della destinazione umana verso la via maestra della felicità.
Wilson ci conduce infine, a tratti, verso una visione mistico-esoterica, non tralasciando di citare Jung, maestro del potenziamento della coscienza umana, contrapponendosi nettamente al razionalismo e all’intellettualismo della post-modernità, avendo a cuore quello “spirito di verità” che recupera l’età dell’oro della coscienza cosmica attraverso il dono della volontà, nell’esercizio quotidiano dell’attenzione alle cose quotidiane. “Che cos’è la felicità? La sensazione che il potere sta crescendo, che la resistenza è vinta” diceva Nietzsche. Intento temerario questo, di sicuro, oggi più che mai.
Lucrezia Zito