“Pedro, in teoria”, l’esordio letterario di Marcos Gonsalez
“Pedro, in teoria” (Mar dei Sargassi Edizioni, pp. 213, euro 18) è l’esordio letterario di Marcos Gonsalez, saggista, critico e professore di letteratura inglese alla Adelphi University di New York.
“Penso alla mole di questo passato, che è mio e non lo è, come a un passato qualunque. È una vita soltanto, soltanto vivere (…) Questa lettera è indirizzata a due persone che dimorano in un’immagine, vale a dire che questa è una lettera a nessuno e una lettera a nessuno è una lettera per chiunque. Per tutti quei chiunque che non riuscimmo mai a essere, tutti quei chiunque che ci furono negati, tutti quei chiunque che hanno urgenza di vivere ancora.”
Gonsalez lo mette subito in chiaro: gli scritti raccolti in queste pagine hanno molte forme. Reminiscenza, speculazione, conclusioni, lettere, monologhi, citazioni. A metà tra memoir autobiografico e saggio, Gonsalez ci mette davanti agli occhi una dislocazione del suo io bambino in terza persona, con escursioni nel presente. Gonsalez si protende verso una moltitudine di vite note e ignote, estese nel tempo e nello spazio. Quello di Pedro è un nome in mezzo a tanti, un riassunto di molti.
“Questo perché non esiste un solo approccio o un solo metodo per esaminare il ricordo o la vita (…) Nel corso dei miei vent’anni ho disperatamente desiderato parlare con il me più piccolo (..) in ogni tentativo di raggiungermi da piccolo, sono io che mi ritrovo raggiunto. Lui non mi dice nulla di profondo o sconvolgente (…) ma lui è più di un libro: è un progetto in divenire, un universo di pensiero. Il suo tendersi verso questo scritto, le tante forme di sé (…). Questa è la sua teoria.”
Pedro esiste e non esiste, è un nome che racchiude in sé lo stereotipo del clandestino, l’emarginato e il respinto. Pedro dalla pelle scura, Pedro il diverso, Pedro che non parla bene la lingua, Pedro queer, Pedro campesino, Pedro bersaglio.
Gonsalez attraverso un nome fittizio racconta la sua storia, la storia della sua famiglia e quella di tutti i Pedro che popolano le Americhe, relegati in uno stato di marginalità, disillusione e condannati all’invisibilità. Persone costrette a pagare per un passato che non hanno deciso, che non hanno voluto, ma subito attraverso il peso incommensurabile del colonialismo.
Temi forti, importanti, pagine dense.
Il tema della lingua: quella dell’amore, quella a scuola e dei tentativi di integrazione, quella dal logopedista. La mancanza di una lingua che si senta propria e che diventa attesa eterna di trovarsi, e trovare un posto in cui identificarsi. Usare la lingua, mentre la lingua ti usa e viene usata contro di te. La lingua che non è solo quella della parola, ma anche del volto e dell’espressione degli occhi di chi evita il confronto perché sa che avrà sempre e comunque la peggio.
Crearsi un’immagine di sé e della propria famiglia che è il frutto dell’immaginazione dei bianchi, ma che non può essere vera, non lo è. Un’immagine contro cui lottare fino a capire che la Terra Promessa non esiste. L’unica Terra possibile è da ricercare proprio in quelle radici che ci causano dolore perché non riconosciute e rispettate dagli altri. Sentirsi come un problema e non capire il perché.
Provare a risolvere quel problema, ripudiando il proprio essere per metà messicano. Fingere che il padre, così scuro, sia un amico di famiglia, per sentirsi parte della “bianca folla amorfa”. Eppure, sono proprio quelle radici così sofferte a pagare gli studi di Gonsalez: un padre che trova i soldi che non ha perché il figlio deve arrivare, deve riscattare anche lui, anche la famiglia intera. Quella Terra Promessa ci deve essere in qualche modo, almeno per qualcuno.
Inevitabile sentire il peso del sogno americano, che rischia di diventare un incubo.
Veniamo trasportati attraverso i retaggi storici e culturali, nei quali sono da ricercare dinamiche e tematiche solo in apparenza slegate: il bullismo, l’abuso di potere, la violenza gratuita, il razzismo.
“Viviamo la storia in tutti i momenti, scegliamo da che parte stare in tutti i momenti. Proprio come non è possibile una storia univoca di un avvenimento, non è possibile nemmeno la sua assenza totale.”
Gonsalez ci ricorda una verità tanto semplice quanto essenziale contro i beceri del “a casa loro”: i corpi rischiano tutto, rischiano la morte pur di vivere. Lo facciamo tutti, ma in modi diversi perché diversi sono i contesti, le necessità.
Cosa ci fanno guardare o non vedere?
La storia si ripeterà sempre, è fatta per quello. Tolto un ignorante ce ne sarà un altro.
La differenza la possono fare tutti gli altri, quelli che vogliono “l’appartenenza del desiderio condiviso di una vita migliore per chi non conosciamo.”
Laura Franchi