Dario Pontuale e “La scoperta dell’America” di Cesare Pavese
“Un uomo che cerca se stesso nella letteratura e con la letteratura cerca di capire il resto”
Nella terrazza delle Industrie Fluviali, dove alzando gli occhi si vede quel gazometro tanto caro a Pasolini, Dario Pontuale ha presentato – con Daniela Cicchetta, i Trapezisti e le letture improvvisate di Edoardo Camponeschi – la sua ultima curatela “La scoperta dell’America” di Cesare Pavese, con la prefazione di Ernesto Ferrero, edito da Nutrimenti Edizioni, una raccolta di articoli dello scrittore pubblicati su varie riviste tra gli anni ’30 e ’40, da cui si intravede il coraggio di un uomo che studia da lontano; infatti Pavese compirà il suo lavoro dall’Italia, non andrà mai in America, lavorando con un inglese approssimativo che lo renderà, se non il migliore, comunque un grande traduttore di questa letteratura di ritorno, che dall’Inghilterra arriva agli americani Pre e Post Colonial. Sarà Whitman a portare Pavese verso gli americani, verso una letteratura con una cadenza e un ritmo che non smetteranno mai di affascinarlo e che ci renderà con traduzioni ricche di musicalità. È affascinato dal periodo americano e nota analogie tra il nuovo e il vecchio continente; per la letteratura italiana di quel periodo, Pavese compie un vero e proprio miracolo: porta l’America in Italia.
Ricominciare a ritrovarsi per parlare di letteratura è emozionante, come lo è anche ritrovarsi a una presentazione sui generis, una presentazione pop, come la definisce Daniela Cicchetta, attraverso la visione di un critico letterario come Dario Pontuale, a fare da ponte tra noi e il genio Pavese. Tutta la presentazione diventa una caccia al tesoro, a svelare i volti e le Parole di chi contaminò la vita e la letteratura di Cesare Pavese, che qui si intrecciano tra le note di De Gregori, De André e, perché no, anche di Vasco Rossi.
E si comincia con Alice di Francesco De Gregori per andare a raccontare le donne che contaminarono e tediarono la vita dello scrittore; come la prima, di nome Alice appunto.
“E Cesare perduto nella pioggia
Sta aspettando da sei ore
Il suo amore ballerina”
Nessuna delle sue donne gli si addice e lui le subirà sempre tutte dalla sua stessa madre, a Fernanda Pivano, fino a Connie, per citarne alcune.
In Pavese l’uomo e l’autore sono la stessa cosa, un pensiero sia letterario sia umano e, come sottolinea Pontuale, quando uomo e scrittore non si distanziano diventa sì una tortura ma anche un vero e proprio atto di onestà. Oltre alle sue opere, ci resta il suo diario, “Il mestiere di vivere”, una sintesi, un processo di autoanalisi che decide di lasciarci quando ha finito di dire tutto ciò che doveva dire con “un biglietto che è una lettura magica”, come lo definisce Dario Pontuale.
“Non intende capire la vita, vuol semmai proteggersene, poiché soltanto con la morte riesce finalmente a spiegarsi. Si uccide, si assume la colpa, perché Pavese si assume la responsabilità di chi è e di cosa fa”.
Marianna Zito