“Museo del romanzo della Eterna. (Primo romanzo bello)”, il capolavoro di Macedonio Fernández
“Che tu esista o no, a te dedico quest’opera; sei, perlomeno, il reale del mio spirito, la Bellezza eterna.”
“Museo del romanzo della Eterna. (Primo romanzo bello)” (2020, pp. 306, euro 22) è il capolavoro letterario, pubblicato postumo, dello scrittore argentino, ancora poco conosciuto, Macedonio Fernández (Buenos Aires, 1874-1952). Un’opera coraggiosa da scrivere, da pubblicare e da leggere, che arriva a noi oggi grazie alla curatela di Fabio Rodríguez Amaya e alla casa editrice Castelvecchi.
“Perché se mai ci fu un libro che costò fatica, quel libro è proprio questo, e io credo che tutta l’arte sia lavoro e lavoro molto arduo. Tuttavia so che mi sarà riservata in compenso un’immortalità del tutto personale: si susseguiranno le generazioni di lettori di libri in vetrina e nessuno comprerà.”
La traduzione segue la versione curata dal figlio dell’autore, Adolfo de Obieta, nel 1960. Ricordiamo che il progetto originale voleva due romanzi pubblicati “insieme e gemelli”, il secondo dei quali è Adriana Buenos Aires (Ultimo romanzo brutto).
Possiamo annoverare “Museo del romanzo della Eterna. (Primo romanzo bello)” all’interno della letteratura sperimentale e d’avanguardia, che ricerca nuove vie di espressione e di contenuti attraverso umorismo, strategie e paradossi letterari; e ciò ha messo Giovanna Albio, Martha Canfield e Fabio Rodríguez Amaya di fronte a una non poco ardua traduzione, che ha cercato di rispettare la comprensione del testo stesso e la sua prosa non poco elaborata, che altro non è se non una celebrazione dell’autore-Presidente-Forsegenio all’amata Eterna – “Con trecce avviluppanti, così come deve essere anche il mio romanzo che catturerà l’anima del lettore, alta, di belle forme, occhi e capelli neri, la Eterna non si può descrivere che così” – alla quale è riservata anche una meravigliosa dedica e altri nomi, come Dolce-Persona. È lei il Mistero mai conosciuto, la sola “Capace di fermare il tempo. Di compensare la morte. Di cambiare il passato” e ancora colei e la sola che “vi crea un passato che amerete”.
“…così ho avuto i miei, dopo aver conosciuto la Eterna, giorni in cui vacillai fra lei e l’Arte e il Mistero, tale era il buio e l’abbattimento in cui mi ero smarrito.”
Inevitabile è qui trovarsi davanti a un prologo. E poi un altro e un altro ancora. Perché si comincia con il Prologo all’Eternità – “Non vi è dubbio che le cose non hanno inizio, o non iniziano quando le si inventa. O il mondo è stato inventato antico” – fino a contarne ben 57, che proiettano continuamente il lettore verso l’inizio di un romanzo; che si prospetta come un’opera futura perfetta, che sia questa o un’altra, in cui sin da subito Fernández attua una “revisione del disordine”, cercando di descrivere le reazioni che queste pagine comporteranno in ogni tipo di approccio, fino “all’avvicinarsi della fine alla quale, come vedrai, il lettore giungerà in modo soave, dolcemente” ma non senza il compimento dell’Azione: “Conclusa l’azione si separano, e dopo diversi episodi e avvenimenti non si sa più nulla di nessuno”. Inconclusa, però, rimane l’opera perché destinata a essere immortale, come leggiamo nel prologo finale che lascia queste pagine aperte a chiunque voglia continuarle.
“Romanzo di lettura irritante: romanzo che come nessun altro avrà irritato il lettore con le sue promesse di inconclusioni e incompatibilità; romanzo che comunque farà naufragare la reazione di evasione alla sua lettura poiché susciterà un interessamento tale nell’animo del lettore da renderlo complice del suo destino – perché è di molti amici che ha bisogno.”
“Il Romanzo” è il luogo dove tutto ha inizio, “la casa bianca, antica, e modesta, della dimora”, ed è qui che assistiamo all’assegnazione dei compiti a tutti i personaggi, ognuno riflesso nella vita dell’altro e a narrare ciò che il lettore crede che accada. È qui che scorre il tempo di cui sempre “meno ne rimane”, che i personaggi trascorrono riuniti lietamente ogni sera nella “dimora” di Buenos Aires del Presidente, nel sogno. Troviamo in ogni pagina ciò che vogliamo, l’oblio.
“Romanzo le cui incongruenze nell’intreccio sono tessute con tagli trasversali che mostrano in ogni istante ciò che fanno tutti i personaggi del romanzo.”
Ricorrente – per gli esperti e per i non esperti – è l’allusione a una metafisica permeata di amore, che compare a più riprese tra le pagine e a cui è dedicato anche uno dei prologhi.
Macedonio Fernández, stimato e seguito da Borges e da Cortázar, esercitò una forte influenza sulla letteratura argentina. La sua scrittura è onirica e affascinante e si insinua in ogni risvolto, che si realizzerà sempre in un futuro possibile, che abbatte tempo e spazio e si protrae all’infinito, oltre la morte, permettendo ai personaggi di sognare in una non esistenza.
Marianna Zito