“LA BASTARDA DI ISTANBUL” AL TEATRO DI RIFREDI DI FIRENZE
L’opera teatrale “La bastarda di Istanbul” nata dalla magistrale penna di Angelo Savelli e tratta dal best seller di Elif Shafak, è andato in scena al Teatro di Rifredi di Firenze guadagnando ancora una volta ampi consensi. Il mix di ironia, magia, colpi di scena e tragicità unisce a doppio filo le vita di due adolescenti, due famiglie, due popoli, due mondi: l’Oriente e l’Occidente.
Quando il sipario si apre sulle video-proiezioni di Giuseppe Ragazzini, a cui è affidata la scenografia, lo spettatore è catapultato a Istanbul, in casa Kazanci. Qui vive Gulsum con le sue quattro figlie e il figlio Mustafà, unico maschio della famiglia. Ogni personaggio vive il suo dramma e si racconta al pubblico parlando in terza persona con una sorta di depersonalizzazione dalle vicende familiari, che ha l’effetto di rendere quei drammi ancor più universali. C’è Gulsum che incarna l’attaccamento alle tradizioni e l’affetto protettivo di mamma che tenta di difendere l’unico figlio maschio dal destino di morte ineluttabile che sembra colpire gli uomini di famiglia. Poi le quattro figlie: Banu, magistralmente interpretata da Serra Yilmaz premio Persefone 2016 come miglior attrice protagonista, che incarna la coscienza ironica della famiglia e, giocando a fare la chiaroveggente, distilla verità dissacranti; Cevriye (Fiorella Sciarretta) donna austera e rigida imprigionata nel tailleur scuro e nello chignon ordinato; Feride (Monica Bauco) che vive il dramma della follia; e infine Zeliha (Valentina Chico) che sfida le convenzioni del tempo e del luogo in cui vive e che custodisce un segreto amaro, che si svelerà al pubblico soltanto nell’atto finale. Poi c’è la giovane Asya (Diletta Oculisti), la bastarda. Figlia di Zehiha, non si sa chi sia il padre. La vicenda diventa complessa quando arriva in casa Kazanci la giovane Armanoush Tchakhmakhchian detta Amy (Elisa Vitiello), figlia della moglie di Mustafà, che intanto si è trasferito in America. La ragazza ha origini armene e si reca ad Istanbul ospite della famiglia del patrigno proprio per ritrovare le sue origini e cercare la casa natia della nonna armena.
Il viaggio in Turchia rappresenterà l’occasione per scavare nei segreti delle due famiglie, quella turca e quella armena, strettamente legate tra loro come i capi di un abito tenuti insieme dalla spilla a forma di melagrano con i semi di rubino, che chiuderà il cerchio della vita di Amy. Ma è anche un modo per allargare la visione e raccontare il dramma di due popoli, quello turco e quello armeno, in un’altalena di oblio e ricordo. A Banu è affidato il compito di accompagnare lo spettatore nei meandri della coscienza di una famiglia e di un popolo costruendo un epilogo che lascia dell’amaro in bocca.
Ilaria Francolino
Foto di E. Gallina