“Le parole sono finestre [oppure muri] – Introduzione alla Comunicazione Nonviolenta” di Marshall Rosenbergh
Qual è la differenza tra parlare e comunicare? Tutti noi usiamo il linguaggio e utilizziamo le parole per comporre frasi e parlare, ma raramente prestiamo attenzione a cosa e a come comunichiamo, dimenticandoci spesso dell’importanza dei silenzi, dell’ascolto dell’altro, dei messaggi non verbali che con il corpo esprimiamo, della nostra capacità di arrivare con le parole all’altro; dimenticandoci spesso di chiedere – prima di tutto a noi stessi – quale messaggio vorremmo mandare all’interlocutore. Marshall Rosenbergh con il suo libro “Le parole sono finestre [oppure muri] -Introduzione alla Comunicazione Nonviolenta” (Esserci Edizioni, nuova edizione, pp. 287, euro 16,90) ha proprio questo obiettivo, portare il focus della nostra attenzione alla comunicazione: quest’ultima le relazioni può crearle così come distruggerle e richiede una grande dose di consapevolezza, perché le parole che utilizziamo – e come le utilizziamo – possono aiutarci ad ascoltare ed esprimere i nostri bisogni, o creare dei muri e far sentire sia noi sia chi ci ascolta giudicati, incompresi, sbagliati. Rosenbergh, con questo libro semplice e fruibile, porta l’attenzione sull’empatia e ci dona degli strumenti pratici per imparare a comunicare con gli altri ma, prima di tutto con noi stessi. Un testo che da valore e sottolinea il senso di responsabilità che tutti noi abbiamo quando utilizziamo le parole per entrare in relazione con gli altri.
Il modello di Comunicazione NonViolenta dell’autore ha come obiettivo quello di promuovere l’ascolto profondo, il rispetto e l’empatia e si basa su quattro componenti: le osservazioni, i sentimenti, i bisogni, le richieste. La prima allerta che l’autore ci manda è che l’osservazione non corrisponde alla valutazione, perché se non facciamo attenzione a scindere ciò che osserviamo dalle nostre valutazioni, gli altri udiranno una critica e assumeranno un atteggiamento di difesa verso ciò che diciamo, quindi le osservazioni dovrebbero essere circostanziate nel tempo e nel contesto. I sentimenti sono necessari per esprimere noi stessi e l’autore ci stimola ad allargare il nostro vocabolario di sentimenti, così da poter descrivere con chiarezza e specificità le nostre emozioni e poterci “connettere” con gli altri. La comunicazione non violenta, ci stimola a distinguere l’espressione dei sentimenti veri e propri da quelle parole, che al contrario, descrivono pensieri, interpretazioni e considerazioni. Dietro ai nostri sentimenti ci sono sempre dei bisogni personali. Rosenbergh ci aiuta a comprendere che ciò che gli altri dicono o fanno può essere uno stimolo ma mai la causa dei nostri sentimenti. Quando qualcuno ci comunica qualcosa in modo negativo, infatti, siamo noi a scegliere come ricevere il messaggio: possiamo incolpare noi stessi, possiamo incolpare gli altri, oppure possiamo percepire i sentimenti ed i bisogni nascosti che vi sono nel messaggio negativo dell’altra persona. Dobbiamo imparare ad assumerci la responsabilità dei nostri sentimenti ma non di quelli degli altri e divenire consapevoli che ognuno di noi ha bisogni e sentimenti diversi che vanno accettati e non giudicati, espressi con empatia e con la consapevolezza che non possiamo soddisfare i nostri bisogni a spese di quelli degli altri.
Ogni comunicazione sottende una richiesta e tanto più ci è chiaro che cosa vorremmo ottenere attraverso il messaggio che stiamo mandando, tanto maggiori saranno le probabilità che lo otterremo. È bene chiedersi cosa vogliamo ottenere durante uno scambio comunicativo e poi formularlo, evitando di utilizzare modalità ambigue o astratte, ricordando di utilizzare un linguaggio positivo e dichiarando ciò che vogliamo anziché quello che non vogliamo. Le richieste sono percepite come pretese quando chi ascolta crede che sarà incolpato o punito se non si conformerà a esse. È bene, dunque, fare attenzione a far comprendere agli altri che non pretendiamo obbedienza ma stiamo solo esprimendo un desiderio che l’altro può soddisfare solo se lo fa volentieri. Lo scopo della comunicazione non violenta, infatti, non è quello di cambiare le persone e il loro comportamento per indurle a fare le cose a modo nostro, ma è piuttosto quello di creare relazioni basate su empatia ed onestà, che successivamente soddisferanno i bisogni di tutti. Sono questi i punti cardine attorno a cui ruota questo prezioso testo, ricco di esempi e di stralci di conversazioni che ci permettono di comprendere a pieno e in modo pragmatico ciò che Rosenbergh teorizza. Un libro, dunque, che stimola a dare un estremo valore alle parole così da poter raggiungere l’empatia nelle relazioni, empatia intesa come una comprensione rispettosa di ciò che noi proviamo e di ciò che gli altri provano. Infatti, la Comunicazione Nonviolenta ci insegna a trattare in modo diverso gli altri ma prima di tutto noi stessi. Ci aiuta a perdonare i nostri sbagli senza intrappolarci in giudizi moralistici, valutando i nostri comportamenti in termini di bisogni non soddisfatti, perché solo in tal modo possiamo crescere e migliorarci, comprenderci meglio e contribuire al nostro benessere mirando a soddisfare i nostri bisogni più nascosti.
La Comunicazione Nonviolenta, quindi, migliora la comunicazione interiore aiutandoci a tradurre i messaggi interni negativi in sentimenti e bisogni. Rosenbergh ci fa un dono estremamente prezioso: ci stimola a concentrarci su ciò che veramente vogliamo anziché su ciò che non va in noi o negli altri con un libro che tutti dovrebbero leggere, dagli psicologi agli insegnanti, dai commercianti ai medici, dai ragazzi agli anziani, perché è ricco di importanti stimoli che aiutano ad avere relazioni sane e serene con gli altri ma soprattutto con se stessi.
Lavinia Narda