I Nuovi Sovrani del Nostro Tempo – Amazon Google Facebook – Cosa vogliono? Vanno Fermati? di Jonathan Taplin
“Non abbiamo nemmeno bisogno che lo scriviate esplicitamente. Noi sappiamo dove siete. Sappiamo dove siete stati. Sappiamo anche più o meno quello che pensate.” – Eric Schmidt –
Il saggio di Jonathan Taplin I Nuovi Sovrani del Nostro Tempo Amazon Google Facebook Cosa vogliono? Vanno Fermati? (Gruppo Macro, 2018) – arricchito da una postfazione e da un video di Diego Fusaro – analizza e accusa ampiamente la situazione odierna che ci vede vittime dirette di questa galoppante era digitale che stiamo vivendo. Taplin lo fa analizzando i vari cambiamenti dalla seconda metà degli anni ’60 fino a oggi (e quindi dalla nascita dell’NLS – oN-Line System e del World Wide Web) soffermandosi per lo più sulla creazione di due gruppi ben distinti: da una parte i grandi colossi Amazon, Google, Facebook e dall’altra quel mondo professionale fatto da chi oggi si barcamena per ottenere un guadagno dal proprio lavoro: musicisti (pensiamo subito al danno loro prodotto da Youtube e a Spotify), giornalisti (pensiamo all’ampio spazio che si dà alle fake news o alla necessità di avere più notizie nel minor tempo possibile, senza curarne il contenuto), fotografi, autori e produttori, librai ed editori (sotterrati da Amazon).
L’ascesa di questi colossi – che cominciamo a notare maggiormente a partire dall’agosto del 2004 – ha portato automaticamente al declino nel settore della creatività e dell’arte, soprattutto perché le regole applicate in ogni settore dell’economia non hanno trovato lo stesso valore per la Rete e la loro influenza è nettamente maggiore di quello che immaginiamo: oltre a vendere e a consegnare spontaneamente i nostri dati personali e le nostre preferenze (che vengono, a loro volta ceduti a terzi), ci ritroviamo senza accorgercene a confessare i nostri segreti non solo a parenti, amici e conoscenti ma anche alle grandi multinazionali che altro non vogliono se non riutilizzarli per catturare la nostra attenzione. E tutto questo lo abbiamo accettato senza controbattere “perché la vanità ha avuto la meglio sulla privacy”. L’avvento di questi colossi – alla ricerca di “rendita” attraverso vendite dirette o inserzioni pubblicitarie -ci vede sempre più privati della nostra privacy e della nostra sicurezza rendendoci facilmente vittime di poteri criminali, dei governi e delle grandi multinazionali. I loro profitti crescono e i nostri stipendi stagnano, in poche parole.
Ma la conseguenza peggiore di questo progresso tecnologico è il danno che ha portato, a livello mondiale, nel mondo del lavoro provocando alti tassi di tossicodipendenza, suicidi, depressioni e, non ultimo, l’odio mediatico. Un risultato alquanto strano se si pensa che le ragioni di questa creazione avevano radici ben diverse e soprattutto se si pensa che siamo noi stessi ad autorizzare involontariamente tutto questo, semplicemente utilizzando i servizi che ci vengono offerti. Ma… questo gioco vale la candela? “Costoro, alla fine, si ritroveranno a dormire nel bel mezzo di una rivoluzione”,lo aveva già ampiamente capito Martin Luter King jr. quando sosteneva che ci stavamo addentrando in un mutamento sociale che avrebbe avuto non poche implicazioni psicologiche e una forte dipendenza.
È quasi assurdo pensare che internet fu creato inizialmente con fondi governativi e disegnato secondo i principi della decentralizzazione del controllo e l’unione delle persone, mentre ora altro non fa che una guerra economica che toglie ogni tipo di capacità riflessiva umana. Sarà possibile, prima o poi, un Rinascimento Digitale?
Marianna Zito