“L’Angelo della Storia”, o di come, inspiegabilmente, tutto abbia a che fare con tutto
“L’Angelo della Storia” è stato l’ultimo dei tre spettacoli della personale di Sotterraneo al Piccolo Teatro di Milano. In scena Lorenza Guerrini, Giulio Santolini e Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Pennati, che hanno curato anche la regia. La scrittura è sempre interna alla compagnia, curata da Daniele Villa.
Lo spettacolo ha una forte cifra performativa. I componenti della compagnia, in abiti civili, ma che ricordano vagamente degli esploratori, non sono dediti a mappare i fiumi del Nord America, ma a infilarsi nei più disparati angoli della Storia. Mettono in connessione eventi che non c’entrano apparentemente nulla uno con l’altro. Ricreano situazioni ed eventi con pochissimi oggetti e effetti vocali: protagonista della messinscena il microfono, di cui conoscono molto bene le potenzialità espressive.
Dal lavoro emerge una profonda consapevolezza scenica dell’uso del ritmo e della scrittura. Non appena un quadro arriva a compimento, non si ha tempo di distrarsi che arriva qualcos’altro. E quando le parole diventano troppe, si fa respirare il pubblico tornando al ritmo forsennato dell’”epidemia di ballo” di Strasburgo del 1518.
Molto forte l’uso dell’ironia nell’accostamento degli eventi storici: le gestazioni della regina Eleonora, che nel loro continuo ripresentarsi sembrano non finire mai, arrivano ad essere quasi un siparietto comico, fra le infinite attese del guerrigliero giapponese sull’isola e la corsa del razzo del terrapiattista verso il cielo. In generale, soprattutto nella prima parte dello spettacolo, il tono è sarcastico, ironico, molto comico.
Uno spettacolo potente, e poggiato su solide basi tematiche, anche se non così esplicite. Sotterraneo si rifà al pensiero di Walter Benjamin, alla sua filosofia dei “frammenti”, da cui proviene anche l’idea di Angelo della Storia. Già nella prima parte dello spettacolo, in mezzo al trambusto, tutto si ferma: la luce si abbassa e si rialza, i performer si bloccano e sembrano sollevarsi ed abbassarsi, come se respirassero tutti insieme. La regina che continua a figliare, i ballerini pazzi di Strasburgo, i samurai che si ammazzano a vicenda per onore, sono tutti attraversati da un unico respiro. Tutte queste azioni, slegate fra di loro, e soprattutto prive di senso, spesso causa di sofferenze inaudite, improvvisamente sembrano collegate da un filo invisibile.
La domanda che sembra attraversare tutto il lavoro è: c’è un senso a ciò che facciamo? Anche a ciò che apparentemente è solo violenza gratuita, è stupidità, è follia, è infilarsi in un angolo polveroso della Storia ed esserne dimenticati? E Sotterraneo, senza dirlo ad alta voce, ma solo facendoci respirare dentro… sembra dirci di sì.
E. R.