“La terra degli uomini integri”: la storia di un paese e di un uomo che ha provato a cambiarlo
Antonio Gentile, ingegnere con la passione per la scrittura, ha scritto “La terra degli uomini integri. Vita di Thomas Sankara” (La Corte, 355 pagine, Euro 18,90), dopo quattro anni di ricerca storica e approfondimento, e soprattutto ha scelto di raccontare questa storia dopo essersi imbattuto nel reportage del giornalista Silvestro Monatanaro, proprio a Sankara dedicato.
La semina delle idee
Thomas nasce e vive nell’Alto Volta, nell’Africa subequatoriale. La sua coscienza politica si forma fin da quando è piccolo, nei primi scontri coi bianchi, i francesi colonizzatori, che sia per una bicicletta o un falò organizzato su un terreno “europeo”. Capisce presto, Thomas, che laddove non si hanno ragionamenti forti e sensati, facilmente subentra la violenza, l’unico linguaggio concesso ai poveri di mente e idee. Thomas è ispirato e supportato tacitamente dal padre che, con una bandiera da lui stesso cucita e nascosta in un cassetto chiuso a chiave, sogna un Alto Volta di nuovo libero. Quel padre che, ammirando il coraggio e le idee in divenire del figlio, si fa degradare dal suo ruolo di sottoufficiale, pur di non picchiarlo per qualcosa che non ha fatto. Sono episodi che Thomas si porterà dietro tutta la vita e comincerà a trasformare in azioni concrete sin da quando, ancora una volta grazie ai sacrifici del padre, potrà frequentare il liceo.
Un leader in divenire
Gli anni del liceo saranno fondamentali. Thomas si avvicinerà alla politica, mettendo le basi della sua visione del Paese. Instancabile lettore, sarà folgorato da Novalis. È lo scrittore romantico tedesco a imprimere in lui il concetto di uomini integri, quelli che un giorno verranno e “nobiliteranno i sogni e le passioni”. Thomas scoprirà presto che la conoscenza è scomoda e la raccomandazione spesso necessaria: tenterà invano di accedere a medicina. Un po’ deluso e un po’ sempre più vicino alla politica e alla voglia di vedere il proprio paese diverso,
Thomas si arruola, fiducioso di poter cambiare il sistema dall’interno. Sono gli anni in cui consolida amicizie e ne crea altre, legami forti che lo sosterranno durante tutta la carriera, militare prima e politica poi, inclusa Miriam, sua fedele sposa e compagna di vita. E sono anche gli anni in cui fa capire chiaramente e con atti pratici che la politica, intesa anche come comparto militare, è da intendersi come portatrice di benessere, felicità come la chiama lui, vicinanza alla gente: si metterà lui stesso a scavare pozzi per portare acqua dove non c’è.
L’Alto Volta nel 1960 conquista l’indipendenza, ma solo in apparenza: gli ex coloni francesi continuano a manovrare il paese e a sfruttarlo con accordi a proprio beneficio. E quando le idee di Thomas, sempre più intraprendente, cominceranno a farsi strada tra le persone, saranno proprio i francesi a volerlo come Primo Ministro. Sin dalla cerimonia di insediamento, alla quale si presenta in bicicletta e non con una delle tante lussuose macchine nere, Thomas comincia a lasciare il segno e a tracciare un percorso di Rivoluzione, la sua e del suo paese. Farà incontri importanti, con Fidel Castro per esempio e con Gheddafi. Proprio in seguito all’incontro con quest’ultimo, verrà incastrato con false accuse e arrestato. Ma, come sperato da alcuni, non sarà possibile togliere Sankara di mezzo: sarà una vera e propria rivolta popolare, accompagnata da un colpo di stato organizzato dagli amici fedeli, a portare alla sua scarcerazione e fare di Thomas Sankara il Presidente dell’Alto Volta, nell’agosto del 1983.
La Rivoluzione di Thomas
Ora Thomas Sankara ha il pieno potere per fare quello che ha sempre voluto: cambiare le cose. Costruisce ospedali, scuole, si impegna per l’emancipazione femminile, lotta contro gli sprechi imposti dall’occidente, farà di tutto per sfruttare al meglio le risorse del paese e a favore, finalmente, della sua gente e non di terzi.
Il 1984 è un anno di ulteriore svolta: il 4 agosto, nel primo anniversario della Rivoluzione, l’Alto Volta cambia nome e diventa Burkina Faso, letteralmente “la terra degli uomini integri”, nome composto dagli idiomi delle lingue native Mossi e Dioulé. Un ulteriore passo lontano da quei colonizzatori e da quell’imperialismo che vollero il nome di Alto Volta. In quello stesso anno, a soli 34 anni, Thomas parlerà alla Nazioni Unite, portando “i saluti di un Paese in cui sette milioni di bambini, di donne e di uomini si rifiutano strenuamente di morire di ignoranza, di fame e sete”. Thomas grida chiaro e forte il suo intento, e questo non a tutti piacerà e sarà inevitabile sinonimo di nemici. Ma sarà un altro discorso, quello in occasione del Vertice dell’Organizzazione per l’Unità Africana di Addis Abeba, a segnare la sua condanna a morte per mano di chi lo aveva aiutato a diventare Presidente, ma incapace di credere fino in fondo nelle sue idee:
“Quelli che ci hanno prestato denaro sono gli stessi che ci avevano colonizzato. Sono gli stessi che gestivano i nostri paesi e le nostre economie. Sono i colonizzatori che indebitavano l’Africa con in finanziatori internazionali, loro fratelli e cugini. Poi, dopo le finte indipendenze, i colonizzatori si sono trasformati in assistenti tecnici, anzi dovremmo dire assassini tecnici, che ci hanno imposto dossier finanziari allettanti e noi ci siamo indebitati per cinquant’anni e più (…) Noi non c’entriamo niente con questo debito. Quindi non dobbiamo pagarlo!”
Le idee che non muoiono ma faticano a restare in vita
Il Burkina Faso è uno dei paesi più poveri del mondo e gran parte della sua economia è finanziata da aiuti internazionali. L’elevato tasso di disoccupazione causa un altrettanto elevata emigrazione, specie verso la Costa d’Avorio, fenomeno che causa periodicamente attriti con i paesi confinanti.
Sankara è stato ucciso a soli 37 anni e per quanto fosse convinto che le idee non muoiono e che si è pronti a morire quando si è capito l’obiettivo della propria vita, guardando al Burkina Faso verrebbe da pensare che le sue idee sono state seppellite con lui. Il suo successore, nonché assassino, verrà destituito solo nel 2014, per una rivolta popolare a causa dell’ennesimo cambio di Costituzione a proprio favore.
Sankara pensava che l’unico modo di essere liberi fosse restare nel proprio paese d’origine, per trasformarlo, renderlo autonomo e finalmente fertile. Voleva che le persone si risvegliassero dall’effetto anestetizzante dei modelli occidentali, dal sogno di una ricchezza che può restare solo apparente perché irraggiungibile importando modelli di paesi troppo diversi dal Burkina Faso. Sankara era ossessionato dall’idea di restare puro e vicino alla gente, come gli aveva insegnato il padre. E finché sarà in vita parlerà e soprattutto ascolterà la gente, standoci in mezzo, e vivendo nello stesso modesto modo. In una parola, darà l’esempio, concreto.
“Ci fanno credere che la felicità dipende dalla capacità di spendere. Ma la vera felicità è quando realizzi che puoi pensare, riflettere, comprendere e partecipare attivamente alla società”.
E sarò continuo e costante il coinvolgimento della gente da parte di Thomas. A volte forse troppo impetuoso, troppo moderno, e per questo non sempre capito, non subito. Col suo motto “La Patria o morte, noi vinceremo!”, Sankara è spesso definito il Che Guevara africano. Insieme a lui, molti altri leader africani sono stati brutalmente eliminati: Cabral, Boganda, Lumumba, Moumiè. Se fossero ancora in vita, l’Africa sarebbe diversa oggi? La coscienza degli africani sarebbe diversa? Oppure gli interessi di pochi, ma forti e corrotti, schiacceranno sempre la volontà di molti?
Ad Antonio Gentile va il merito di raccontarci in modo coinvolgente e accurato, sicuramente romanzato, la storia di un grande uomo, la potenza di un sogno che si fa realtà, anche se per poco. Ma sbattiamo la testa anche contro la grande tristezza di non veder mai compiute fini in fondo certe rivoluzioni, perché l’economia mondiale resta la padrona.
Laura Franchi