La stratificazione della lingua italiana
Luca Serianni, professore di Storia della lingua italiana, pilastro fondamentale nel panorama umanistico, analizza nella sua opera “Le mille lingue di Roma” (Castelvecchi, 2021, pp. 43, euro 7) con lente di ingrandimento acuta, un fenomeno tanto complesso quanto vario: l’evoluzione della lingua parlata a Roma.
Gli antenati linguistici
In un quadro così complesso come quello della lingua italiana, non possiamo che partire dalla lingua dei nostri antenati; il latino è infatti la lingua madre alla base del nostro italiano, ma non è che un punto di partenza per una evoluzione puntiforme che ha toccato in maniera particolare e differente ogni singola regione d’Italia.
Una mutazione inconsapevole
La nostra lingua è infatti il frutto di una complessa stratificazione dei secoli, una stratificazione che ha visto pian piano mutare il nostro modo di esprimerci. Se è vero che la nostra lingua ha subito un processo di toscanizzazione, teorizzato a partire dalle ‘tre Corone’, è anche vero che a operare una evoluzione della lingua hanno contribuito anche lingue di minoranza, con le quali Roma è entrata in contatto. Tali lingue sono state quindi integrate ed assorbite dal nostro tessuto linguistico ed è per questo che possiamo parlare di un ‘plurilinguismo’ insito nell’italiano stesso.
Un’ombra indispensabile
L’apporto di queste lingue altre, come la lingua degli etruschi, viene analizzata dal professore emerito Luca Serianni, attraverso una ricostruzione analitica e scientifica fondata sulle fonti delle quali oggi disponiamo, offrendoci una carta geografica essenziale per orientarci nella storia della lingua italiana.
“Aggiungo che, se si rinuncia a una parte di lingua, si colpisce veramente al cuore quella lingua. C’è un romanzo di Chamisso, del 1814, che racconta la storia di un tale Peter Schlemihl il quale vende la propria ombra al diavolo, per scoprire poi che questa ombra, apparentemente non rilevante, alla fine lo mette in una condizione di assoluto disagio e anche la donna amata lo lascia. Ecco, la lingua è un po’ come la nostra ombra.”
Massimiliano Pietroforte