“La Seconda guerra mondiale nel Mezzogiorno. Resistenza, stragi e memoria” di Giovanni Cerchia
Quando in Italia si parla di Resistenza si pensa soprattutto al Nord. Il prezioso e documentatissimo libro di Giovanni Cerchia “La Seconda guerra mondiale nel Mezzogiorno. Resistenza, stragi e memoria” (Luni Editrice, Milano 2019, pp. 526, euro 25) ha il merito di riportare alla memoria l’esistenza di un’altra Resistenza, quella del Sud Italia, con la lunga trama di fatti, atti di eroismo, grandi e piccole tragedie che l’hanno accompagnata. Tanto più che alcuni fra i dati che emergono dalla lettura non sono noti come dovrebbero. Ad esempio che nei primi ventisette mesi di guerra il numero delle incursioni alleate a Sud è stato cinque volte maggiore che al Nord. Il motivo va ricercato nella vicinanza della base militare di Malta, la cui invasione, più volte progettata e mai attuata, parla da sola del carattere improvvisato della guerra del Duce. Ma neanche le difese contraeree, sia di terra che di aria, furono mai sufficienti a proteggere la popolazione dalle incursioni alleate. Tanto più che esse avevano, specie per iniziativa degli inglesi, carattere coscientemente terroristico, teso a demoralizzare, soprattutto i civili nella speranza che essi insorgessero contro il tiranno. Gli stessi caccia alleati di scorta, non avendo nulla da fare in assenza della difesa italiana, si abbassavano volentieri a mitragliare i civili in cerca di riparo.
Il Mezzogiorno sperimentò sulla propria pelle i risultati di questa dottrina, subendo devastazioni su devastazioni in quella che era già, tradizionalmente, una «terra desolata». Ma le cose peggiorarono, se possibile, dopo l’8 settembre, quando la popolazione del Mezzogiorno fu stretta fra l’incudine e il martello, dovendo subire, insieme, le incursioni alleate e le ritorsioni vendicative dei tedeschi, infuriati per il presunto «tradimento italiano». Così, ad esempio, alle rappresaglie naziste di Nola e Barletta si sommarono i bombardamenti di sessanta fortezze volanti su Capua, che fecero un migliaio di vittime civili. Lo sbarco di Salerno aprì la strada verso Napoli. Ma spinte dalla forza della disperazione Napoli e le zone circostanti si sollevarono contro i tedeschi senza aspettare l’arrivo degli Alleati (28 settembre 1943). Tuttavia questo non avvenne prima di una nuova serie di violente lotte coi tedeschi, accompagnate da ulteriori stragi. La difficoltà di iscrivere Napoli, a pieno diritto, nella storia complessiva della Resistenza, sembra legata alla sua «anomalia» rispetto alla collocazione politica delle principali forze antifasciste. Anomalia sancita, in un certo senso, dal fatto che successivamente, il 2 giugno del 1946, la città votò quasi compatta a favore della monarchia. La rivolta di Napoli, allora, fu solo una rivolta di scugnizzi, gli stessi che poi fornirono il bacino di voti per Achille Lauro? Una insurrezione avvenuta disordinatamente, senza un centro direzionale ufficialmente riconosciuto, come avvenne al Nord?
L’interpretazione di Giovanni Cerchia è più sottile, e cerca di scavare nel profondo dell’anima napoletana. Emersa coraggiosamente da un quadro mortificante e da un tessuto economico abbandonato a se stesso dal fascismo e pesantemente sconvolto sia dalle incursioni dei «liberatori» che dalle distruzioni sistematiche dei vecchi alleati in fuga, Napoli volle cercare nella figura del re «un ancoraggio, una ricerca di riviviscenza della presunta epoca felice pre-bellica, un esorcismo collettivo dei drammi che si era stati costretti a sperimentare». Di fatto, la rivolta di Napoli non fu un episodio isolato, ma si allargò a macchia d’olio dando origine alla creazione spontanea di gruppi armati formati sia da militari sia da civili, che spesso pagarono di persona il loro impegno. Sugli episodi criminosi che videro protagonisti alcuni reparti dell’esercito tedesco si indagò meno, a guerra finita, rispetto agli episodi più tristemente famosi, come quelli avvenuti a Monte Sole. Complice la Guerra fredda, i nemici di ieri divennero gli alleati di oggi, e i processi abortirono presto. In Italia la documentazione delle stragi fu seppellita nel famigerato «armadio della vergogna» con le ante rivolte verso la parete. Ma recentemente l’armadio è stato girato, le ante aperte, e forse anche gli eroi della Resistenza meridionale potranno trovare giustizia.
Luciano Albanese