“Devo essere brava”: la presentazione online del nuovo romanzo di Alessandro Q. Ferrari

Si è tenuto ieri, 7 settembre, l’appuntamento online con Alessandro Q. Ferrari per parlare del suo nuovo libro in uscita oggi 8 settembre “Devo essere brava”, edizioni Dea Planeta.
La presentazione del romanzo è stata un’occasione divertente ed emozionante per tutti i partecipanti dato che l’autore, con pazienza e simpatia, ha risposto alle numerose domande da parte del pubblico. Interagire sulla chat con gli autori è utile perché permette di avere risposte in tempo reale e, soprattutto, permette a tutti i lettori e a tutte le lettrici di esporre le proprie interpretazioni riguardo i romanzi. “Devo essere brava” è un libro sull’adolescenza e sugli adolescenti raccontato in maniera realistica. Le emozioni che sono state trasposte sulla pagina sono esattamente quelle che vivono i ragazzi. A volte, durante l’adolescenza, si insinuano sensazioni di disagio, malessere. Sara, la protagonista del romanzo, ci spiega la sua storia in un paese che fa fatica ad accettare.
La prima domanda emersa dall’incontro online ha riguardato la nascita di questa storia. Lo scrittore Alessandro Q. Ferrari ha spiegato che è nata da un misto di esperienze e esigenze. Il romanzo è nato dal bisogno di esprimere quella che è stata per l’autore l’adolescenza. Ci sono dei momenti che sembrano sbagliati in quel periodo. C’è la rabbia, la voglia di trovare un “sé” da qualche parte che ci appartenga. È un’esigenza interiore. È un momento di verità. Sono dei momenti che appartengono a tutti noi. Questa è l’esigenza che l’autore affida ai propri lettori. L’esperienza raccontata nel libro è vissuta dal punto di vista del paese. L’autore ha esposto un’interessante condizione dell’essere a metà: metà strada tra città e paese da parte dell’autore. Non si sentiva, infatti, di appartenere alla città dove frequentava la scuola e il paese in cui viveva l’estate. Sotto questo punto di vista, la sua esperienza è uguale a quella del personaggio di Sara. Questo personaggio gli è esploso nella testa. La sua voce adolescente è esattamente quella di Sara. Una domanda che è piaciuta particolarmente rimanda al titolo del libro. È stato chiesto all’autore se, da piccolo, era un bravo ragazzo. Alessandro Q. Ferrari è limpido e sincero. L’idea di essere un bravo ragazzo non è un concetto che ha a che vedere con l’età. Lui era fortemente attaccato all’idea di essere bravo da piccolo.
Nel libro c’è anche spazio per raccontare il rapporto contorto che si ha con la fede. Sara, per l’età che ha, non affronta la fede nel modo in cui potrebbe affrontarla e capirla. La fede, nel paese dell’autore, era parte della sua quotidianità. Sara la prende come un gioco all’inizio. Ci ironizza su perché non ha una famiglia che le ha insegnato qualcosa a riguardo. L’ha lasciata nel vuoto come per altre cose. Prende in giro il rapporto che hanno gli adulti con la fede. Dunque, c’è un contrasto tra ciò che potrebbe essere con quello che lei è. La fede c’è alla fine. Lì si pone davvero qualche domanda sul suo significato. Una curiosità che è emersa dall’incontro è che Alessandro Q. Ferrari adora lavorare con i nomi di persona. Una piccola chicca: quasi tutti i nomi, all’interno del libro, sono adespoti. Esiste una differenza tra l’adolescenza dell’autore e quella dei ragazzi di oggi? L’autore percepisce la radice comune, la ricerca di un certo tipo di emozioni. L’unica differenza oggi è che c’è più paura e più difficoltà ad accettare gli sbagli e più difficoltà a soverchiare quel momento di insicurezza che ti annienta rispetto al giudizio degli altri. C’è una certa difficoltà a mostrarsi. Prima non c’era un giudizio globale. All’interno del libro si avverte anche la percezione della sconfitta della famiglia. L’unico modo per sopravvivere all’adolescenza è lo scontro con la famiglia. Non sono tutti negativi i genitori all’interno del romanzo. Certi genitori hanno un bel rapporto con i propri figli. Lo stare ed essere presenti è il segreto. L’esserci è già la risposta. Fare il genitore è un mestiere infernale. Gli autori che hanno influito nel percorso di Alessandro Q. Ferrari sono tantissimi. Cambiano. Sono cambiati a seconda delle fasce d’età. Amava molto i libri avventurosi, ha amato moltissimo Calvino, Stephen King, Elsa Morante che l’ha formato enormemente. E poi spazio per i fumetti e per Michela Murgia.
Un elemento interessante, all’interno del libro, è il linguaggio del personaggio di Rocky che è nato seguendo, soprattutto, una direzione classica grazie anche a Calvino. Per tanti anni l’autore ha fatto volontariato con ragazzi affetti da paralisi cerebrale. Ci sono stati molti ragazzi che l’hanno stupito con una costruzione di linguaggio straordinaria. Lui, infatti, ha cercato, nel suono, quella cosa. L’ultima domanda ha riguardato una particolare scelta dell’autore. Perché usare i morsi come espressione della rabbia? Ognuno ha un modo proprio di esprimere questa emozione. L’autore lo faceva con i morsi e, dunque, è un pezzo di vita preso dal vero. Il morso è legato all’atto quotidiano: è un gesto che non puoi evitare di fare. Vi siete incuriositi? Non vi resta che affondare il naso tra le pagine di questo bel libro…
Debora Colangelo