“LA SCORTECATA” DI EMMA DANTE AL TEATRO KISMET DI BARI
Buio. Luci soffuse, quiete e calma illuminano due corpi, due sedie e un castello, un castello fiabesco con cui da piccoli abbiamo sempre desiderato giocare. Lo spettatore è subito colpito dall’esuberanza di questi due corpi che faticosamente si muovono, si dimenano e si contorcono a fatica. Sono i corpi di due anziane signore Carolina e Rusinella, magistralmente interpretate da Salvatore d’Onofrio e Carmine Maringola. Due attori che, vivendo i panni di due anziane signore, elemento caratteristico del teatro settecentesco e ripreso dalla regista Emma Dante, ci conferiscono un’interpretazione diversa, da un’altra prospettiva. Il testo, gli elementi scenici e i costumi sono di Emma Dante, le luci di Cristian Zucaro e la produzione Festival di Spoleto 60, Teatro Biondo di Palermo in collaborazione con Atto Unico/Compagnia Sud Costa Occidentale.
La drammaturgia è liberamente ispirata da “Lo cunto de li cunti” di Gianbattista Basile e racconta la la storia di ”un re che s’innamora della voce di una vecchia, la quale vive in una catapecchia insieme alla sorella più vecchia di lei. Il re, gabbato dal dito che la vecchia gli mostra dal buco della serratura, la invita a dormire con lui. Ma dopo l’amplesso, accorgendosi di essere stato ingannato, la butta giù dalla finestra. La vecchia non muore ma resta appesa a un albero. Da lì passa una fata che le fa un incantesimo e diventata una bellissima giovane, il re se la prende per moglie“.’
Uno spettacolo che ci parla della solitudine umana, dell’esigenza di raccontarsi una fantasia per sentirsi un po’ meno soli e lo spettatore è catapultato in una storia nella storia dove le due anziane signore si trasformano in principe e principessa con degli oggetti trovati in un vecchio baule. Tuttavia, la solitudine vince con una richiesta brutale da parte della sorella più giovane, per ritornare alla perduta gioventù. Non c’è speranza, non c’è via di fuga o forse si, forse basterebbe cambiare punto di vista.
Lucia Amoruso