“Il tango delle capinere”: Emma Dante torna al Teatro Argentina
“A mezzanotte va
La ronda del piacere
E nell’oscurità
Ognuno vuol godere
Son baci di passion
L’amor non sa tacere
E questa è la canzon
Di mille capinere”
Musica di carillon, un vecchio baule che si apre, piccole luci che si accendono.
Una storia che comincia, anzi un ballo. È “Il tango delle capinere” che Emma Dante porta in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 14 maggio, da lei diretto e con Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco. Una coproduzione Teatro di Roma con la compagnia Sud Costa Occidentale, ERT – Teatro Nazionale, Biondo di Palermo e Carnezzeria.
“Il tango delle capinere” è la danza della vita di due innamorati. È l’approfondimento di uno studio, “Ballarini”, che faceva parte della “trilogia degli occhiali”. In questa occasione “il tango delle capinere” diventa uno spettacolo a sé stante che, componendo il mosaico dei ricordi, rende più sopportabile la solitudine di una donna giunta nell’ultima fase della vita.
È un abbraccio silenzioso, ma non troppo, quello che porta in scena i due attori, una coppia invecchiata insieme, i gesti e le abitudini di chi ha passato una vita insieme.
Abbracciati ballano e piano piano si spogliano dei propri abiti, e strato dopo strato ci portano a ritroso nei loro ricordi, nella loro storia. E lo fanno a passo di danza. Ci fanno conoscere il primo incontro, la passione, i mal di testa, la tv e l’eterna lotta per il telecomando, l’arrivo di un figlio, le feste, la quotidianità con la lista della spesa sempre più lunga, l’inizio degli acciacchi e quello dei tic, scambiarsi i sogni, scambiarsi i baci, far incontrare i corpi.
Come due abili capinere si muovono sul palco i due attori, riempendolo tutto, facendoci emozionare e strappando più di un sorriso con quella sicilianità che è la cifra di Emma Dante. Li guardiamo, li seguiamo attenti, magari anche un poco commossi perché ci vediamo la nostra di coppia, o i nostri genitori. Sono intimi, sono ironici. È un tango familiare quello che ci fanno ballare. Di più, è universale.
Una celebrazione della memoria, un elogio alla vecchiaia, alla solitudine, alla mancanza di chi non c’è più, ma vive ancora nei ricordi.
Laura Franchi
Foto di Rosellina Garbo