“La scatola nera” per la rassegna dei Teatri della Memoria al Parco della Zucca di Bologna
Lo spettacolo teatrale “La scatola nera” è andato in scena il 10 luglio al Parco della Zucca di Bologna dove, ogni anno, si svolge la rassegna dei Teatri della Memoria, in commemorazione della strage di Ustica del 27 giugno 1980. Il palcoscenico è allestito all’aperto ed è ricoperto di sale bianco. Sulla scena solo due microfoni in attesa degli attori e sullo sfondo un grande sipario rosso che oscilla a ritmo del vento, come onde del mare. Piano piano le sedie si riempiono e cala il silenzio mentre osservo il palcoscenico vuoto, anche la luna crescente e illuminata per metà, che veglia sulle spalle degli spettatori, sembra impaziente di ascoltare le parole della memoria.
Ilaria Drago e Roberto Latini sono le due voci che si alternano sul palco, una voce femminile che sembra emergere dalle profondità della terra, facendola tremare sotto i piedi, e una maschile che sembra discendere dal cielo per benedire e tranquillizzare. Quando una delle voci prende il centro del palcoscenico e tuona il suo messaggio, l’altra si ritira sul fondo e quasi scompare. Sembra un’altalena che sale e scende, tramite la quale si esprimono due forze universali che riescono ad apprezzarsi, rispettarsi e lasciarsi il dovuto spazio. E io mi sento come se improvvisamente tutte le persone intorno a me fossero sparite, mi vedo sdraiata sul letto del mare a occhi chiusi, cullata dalle loro parole e da tutte le immagini e sensazioni che stanno risvegliando. Nel breve stacco silenzioso che c’è tra una performance e l’altra, sento la potenza di tutto quello che sta emergendo e le lacrime scendono per liberare le emozioni risvegliate. Le storie che raccontano appartengono a chissà chi e parlano di luoghi lontani, di vite spezzate, di verità universali e della bellezza del mondo. Sono storie che vanno al di là della storia personale di ognuno di noi e ci uniscono in un unico sentire comune come se anche noi fossimo naufragati in mare, fossimo state schiave, avessimo sperimentato quelle perdite, sentissimo la crudeltà delle parole o il suono che vive in questi personaggi. La carica emotiva che le performance di entrambi gli attori riescono a trasmettere è notevole e ogni frase che si sussegue crea una serie di immagine difficili da non vedere lì, vive davanti a me.
Ilaria Drago si muove come una lupa, una statua danzante e trasmette emozioni pure e sconcertanti, la sua voce cambia da monologo a monologo, a volte la sua voce si fa alta e stridula, a volte intensa e corposa come tante voci unite in coro che urlano le loro ragioni e i loro dolori. Roberto Latini si muove delicatamente, la sua voce calda, graffiante e profonda ristabilisce un contatto dopo il caos emotivo smosso dalla voce femminile che ha fatto perdere qualsiasi punto di riferimento. E il loro alternarsi sembra proprio seguire il ritmo dell’universo. Le musiche e i suoni di Gianluca Misiti accompagnano tutto lo spettacolo e si adeguano a ogni discorso e a ogni stato emotivo, intensificandolo. La melodia è a tutti gli effetti un terzo attore sul palco, il grande contenitore, la scatola (nera) che contiene tutte queste memorie e il suo dolce suono ne facilita l’uscita e il ritorno.
Uno spettacolo che colpisce, stravolge, squarcia in due e una delle frasi che più mi porto e che ha la forza di ricomporre tutto quello che si è smosso è una frase pronunciata dalla voce femminile: “Farò qualcosa di buono di me, non sarò una tomba, qui dentro troverò tutto il necessario per la resurrezione perché credo in quella luce che si accende dove maggiormente è l’oscurità, facendo di essa un cuore”. Grazie all’arte e agli artisti ai quali viene sempre affidato il compito di aiutarci a ricordare e rielaborare tutto quello che tendiamo a far scomparire nel buio dei nostri abissi, là infondo dove giace la nostra verità, loro come angeli sanno aprire un varco e riportare la luce.
Antonella Pizzolla